In lieu of an abstract, here is a brief excerpt of the content:

  • Diopite, Socrate e Medea
  • Marco Gemin

È noto che l'accusa rivolta da Meleto a Socrate ha un precedente nel decreto di Diopite,1 alla base della condanna di Anassagora. Le due formulazioni presentano somiglianze anche dal punto di vista formale. L'accusa di Meleto è la seguente: Σωκράτη φησὶν ἀδικεῖν τούς τε νέους διαφθείροντα καὶ θεοὺς οὓς ἡ πόλις νομίζει οὐ νομίζοντα, ἕτερα δὲ δαιμόνια καινά ('Socrate è colpevole, in quanto corrompe i giovani, e non crede negli dèi in cui crede la Città, ma in divinità diverse e nuove', Plat. Ap. 24b-c).2 Il decreto di Diopite condanna τοὺς τὰ θεῖα μὴ νομίζοντας ἢ λόγους περὶ τῶν μεταρσίων διδάσκοντας ('quelli che non credono agli dei o che insegnano dottrine su argomenti celesti', Plut. Per. 32.2).3 Entrambe si concentrano sull'accusa di non onorare/credere negli dèi,4 a cui poi si aggiunge un seguito appropriato [End Page 238] ai rispettivi casi: Socrate, oltre a corrompere i giovani, introduce nuove e diverse divinità, Anassagora insegna dottrine su argomenti celesti. Le nuove divinità introdotte da Socrate alludono probabilmente al suo ben noto demone interiore (cf. Ap. 31c-d). Anassagora era conosciuto per le sue ricerche di carattere celeste. I due procedimenti giudiziari sono separati da circa un trentennio.5 Il decreto di Diopite però riecheggia anche in un testo quasi contemporaneo; nella Medea di Euripide, in scena nel 431, la protagonista accusa il fedifrago Giasone in questi termini:

ὅρκων δὲ φρούδη πίστις, οὐδ᾽ ἔχω μαθεῖνἢ θεοὺς νομίζεις τοὺς τότ᾽ οὐκ ἄρχειν ἔτι,ἢ καινὰ κεῖσθαι θέσμι᾽ ἀνθρώποις τὰ νῦν,ἐπεὶ σύνοισθά γ᾽ εἰς ἔμ᾽ οὐκ εὔορκος ὤν.

Invece la fede nei giuramenti è svanita e non riesco a capire se tu ritieni che gli dèi di allora non abbiano più potere o che nuove leggi ora siano in vigore per gli uomini: sai bene, infatti, di essere spergiuro nei miei confronti (Eur. Med. 492–95).

Giasone non ritiene che gli antichi dèi abbiano più potere, come forse riteneva quando ha giurato amore a Medea, o forse non lo ha mai creduto e solo ora rivela la propria convinzione. Il momento del giuramento è relegato al di fuori del dramma, precede l'arrivo dei due amanti a Corinto. Esso persiste nella memoria di Medea ma Giasone non si pronuncia su di esso. Certo il silenzio di Giasone lascia indovinare che egli davvero abbia giurato amore a Medea, quanto convintamente non è dato sapere. Qualsiasi siano state e siano le sue convinzioni, certo è che ora, nel tempo del dramma, [End Page 239] Giasone si comporta come se fossero in vigore nuove leggi (καινὰ … θέσμι(α)) che gli consentono di essere spergiuro.

L'accento è sulla novità (cf. δαιμόνια καινά per Socrate) di una concezione ritenuta scandalosa. Ora Giasone non onora più il potere degli dèi nel nome dei quali ha giurato, a prescindere dalle proprie convinzioni, oppure crede che ora nuove leggi siano in vigore. Nelle parole di Medea si riconosce l'accusa articolata in termini simili a quelle rivolte a Socrate e ad Anassagora. Infatti Medea anzitutto accusa Giasone di non onorare/credere negli dèi, inoltre aggiunge un seguito circostanziato (le nuove leggi).6

Nel seguente prospetto riporto per chiarezza le tre accuse così come sono articolate:

Accusa Inosservanza/miscredenza rispetto agli dèi Ricerche celesti, nuove divinità, nuove leggi
Diopite (a Anassagora) τοὺς τὰ θεῖα μὴ νομίζοντας ἢ λόγους περὶ τῶν μεταρσίων διδάσκοντας
quelli che non credono agli dei o che insegnano dottrine su argomenti celesti
Meleto a Socrate θεοὺς οὓς ἡ πόλις νομίζει οὐ νομίζοντα, ἕτερα δὲ δαιμόνια καινά
non riconoscendo gli dèi in cui la città crede introducendo nuove e diverse divinità
Medea a Giasone ἢ θεοὺς νομίζεις τοὺς τότ᾽οὐκ ἄρχειν ἔτι ἢ καινὰ κεῖσθαι θέσμι᾽ ἀνθρώποις τὰ νῦν
se tu ritieni che gli dèi di allora non abbiano più potere o che nuove leggi ora siano in vigore per gli uomini

La prima parte delle accuse è pressoché immutata: nei tre casi si accusa di non credere/rendere onore agli dèi. La seconda parte delle accuse è di volta [End Page 240] in volta un corollario della prima parte: non si tratta di due accuse distinte ma di un'unica accusa che si articola in due parti.

Da questo punto di vista la somiglianza formale tra l'accusa di Medea e il decreto di Diopite è particolarmente stringente: entrambe si presentano come proposizioni disgiuntive, mentre in realtà non lo sono. Qui la congiunzione ἤ non articola una vera alternativa ma connette tra loro due aspetti complementari. Tali aspetti sono semplicemente giustapposti nell'accusa di Meleto.

In quest'ultima la complementarietà delle due parti è evidente, trattandosi sempre di divinità: introdurre nuove divinità poteva implicare agli occhi di accusatori malevoli il rinnegamento delle divinità tradizionali.7 Un'analisi più approfondita richiedono invece le accuse rivolte rispettivamente ad Anassagora...

pdf

Share