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MLN 119.1 (2004) 84-108



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Gente sciupata e superba. Motivi privati dell'interventismo intellettuale nella Grande Guerra:
Serra, Gadda, Soffici, Jahier.

Giuseppe Tosi
Georgetown University


Le ripercussioni dello scoppio della prima guerra mondiale radicalizzano, sul versante italiano, l'opposizione tra neutralità ed intervento e spodestano i termini del conflitto sociale prevalenti nel periodo precedente. Di fatto, nei dieci mesi che intercorrono tra la comunità d'agosto e il radioso maggio, la partecipazione italiana alla guerra richiede di ricomporre d'autorità le tensioni sociali interne potenzialmente disgregatrici che, nei suoi risvolti politici rilevanti, si configura come la premessa di un controllo autoritario sulla nazione. 1 Ai termini classici della dialettica sociale come scontro di classe, [End Page 84] si sostituisce, pertanto, una polarizzazione ideologica che prospetta da una parte l'integrazione coercitiva all'interno del sistema politico minacciato da un nemico esterno e dall'altra la frantumazione sociale della rivolta di classe orchestrata da un nemico interno. Se questa polarizzazione richiede un ordine refrattario ad ogni forma di dissenso non può, tuttavia, fare a meno di un consenso diffuso sollecitato perciò dalla pubblicistica interventista di una guerra presentata come necessità, mito ed evento assoluto. Il grande processo di riconversione politica che si attua nel periodo della neutralità richiede l'impiego degli intellettuali 2 verso i quali s'indirizza quella che è quasi una chiamata all'ordine, una delega alla gestione del dissenso—specie quello di origine piccolo-borghese, comune a tanti membri dell'ufficialità. Questa riconversione all'ordine, anche nella sua varietà di registri, denuncia un uso politico interno della guerra ed evidenzia, nella nuova figura dell'intellettuale in grigioverde, il rifiuto, per lo più volontario da parte di quest'ultimo, di qualsiasi istanza individualistica. 3 In questo senso l'intellettualità piccolo-borghese viene integrata e subordinata al fine di poter svolgere un [End Page 85] ruolo di mediazione tra le èlites e le masse già sottoposte ad un processo di militarizzazione ma ancora ostili all'omologazione ideologica reclamata dalla nazione in armi. All'intellettuale in uniforme viene richiesto, tramite la sua nuova investitura autoritaria che la guerra permette, di svolgere un lavoro di saldatura delle "spaccature verticali di classe della società italiana d'anteguerra in una continuità orizzontale nazional-corporativa." 4

La reversione dell'intellettuale all'ordine rivela in tutti i suoi aspetti quella sua funzione di raccordo tra le élite politiche e la società già individuata nel ventennio precedente dalle scienze sociali e già analizzata nel suo ruolo di convoglio del consenso e di delegittimazione del dissenso. Ma l'uso politico degli intellettuali non avrebbe potuto estendersi nelle forme e nei modi raggiunti durante la Grande Guerra se non fosse stata presente anche una componente generazionale di tipo psicologico che trova nel conflitto bellico la risultante di talune aspettative gratificanti in risposta alle delusioni sociali ed individuali del presente o del passato prossimo. Questa componente, nella sua essenza eminentemente pre-politica, permette di aderire alla guerra nel suo duplice aspetto di evento esterno ed interno, e conseguentemente di giustificarla da un lato con le affermazioni ufficiali di fede interventista, offerte al riparo della necessità storica, e dall'altro da moventi interiori sospettati, non di rado, di costituire il [End Page 86] nucleo centrale di una verità individuale. Questi due aspetti coesistono e si sovrappongono e, vissuti talvolta contraddittoriamente ed affidati a forme per lo più private di elaborazione, si esprimono all'interno di una dimensione individuale e appartata in cui si distingue lo sforzo, da parte dell'intellettuale, di dar voce ad un disagio storico. A quest'ultimo si prova a porvi rimedio rifuggendo dal soliloquio ed evadendo dalla solitudine sociale ricercando, nel mare magnum della remissione al gruppo, un approdo esistenziale, un cammino vitale in grado di restituire certezza e concretezza ad aspirazioni personali. Non è un caso se questi tentativi privati di esplicazione si esprimono compilando il diario di guerra, forma di confessione individuale che, se da un lato incarica alla scrittura il tentativo di chiarirsi di fronte al sé ed al mondo, resta, per sua natura, poco incline...

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