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OSSERVAZIONI CRITICO-LETTERARIE E DOTTRINALI SUL FAMOSO TESTO: "PROPRIUM NEMO DICAT. . .' E TESTI CONNESSI TRA i testi patristici falsamente attribuiti nel Decretum di Graziano1 oltre il famoso "Pasee fame morientem . . ," di cui abbiamo altrove rintracciata la fonte,2 troviamo il "Proprium nemo dicat . . ." ed altri testi a questo connessi, anch'essi famosi e falsamente attribuiti a S. Ambrogio, come vedremo nel corso di questo breve studio. Vogliamo anzitutto enunziare schematicamente i quattro testi connessi di cui tratteremo: [i]"Proprium nemo dicat . . .". [2]"Ñeque enim est maioris criminis . . .". [3]"Esurientium pañis est quem tu detines . . .". [4]"Tantorum te ergo scias invadere bona . . .". Anche se il primo di tali testi, per polemiche dottrinali e letterarie, che suscito e suscita, avrà nella nostra trattazione un'attenzione particolare, tuttavia per comprendere bene l'occasione e lo svolgimento delle osservazioni nei riguardi di tutti e quattro i surriferiti testi crediamo opportuno premettere in primo luogo delle osservazioni di carattere generale. 1.—Osservazioni preliminan Avvertiamo in primo luogo che l'occasione di ripensare sul primo testo ci fu data dal fatto che nelle moderne edizioni critiche delle opere degli Scolastici mai, per quanto sappiamo, ne fu rivelata la vera fonte. Inoltre modernamente anche se qualche autore ne scopri la vera fonte, tuttavia oltre che tale fonte rimane celata agli editori critici, come abbiamo detto, non ci sembra che ancora si sia stabilito apoditticamente l'autore non solo letterale, ma anche dottrinale del "Proprium nemo dicat. . ," come vedremo meglio a suo luogo. xPer una parziale visione dei testi patristici falsamente attribuiti da Graziano e riportati dalla Summa fr. Alexandri cf. V. Doucet, O.F.M., in Prolegomena al t. IV délia stessa opera, ed. Quaracchi, 1948, CXXI ss. 2 Cf. E. Lio, O.F.M., Finalmente rintracciata la fonte del famoso testo patristico: 'Pasee fame morientem . . ., Antonianum 27 (1952), 349-366. 214 Ermenegildo Uo, OJ7M.215 L'occasione e la ragione di trattare anche degli altri tre testi, susseguenti a quel primo, ci fu data non solo dal fatto che essi pure ordinariamente non siano stati identificad nelle moderne edizioni critiche, salvo qualche eccezione come vedremo; ma anche perché nessuno dei moderni editori, per quanto sappiamo, ha notato che tutti quei testi, anche se citati separatamente, e per questo noi pure Ii abbiamo annunziati distinti, in realtà, nella predetta forma, non sono che quattro membri, compreso il primo, d'un sol brano, che Ii contiene tutti strettamente connessi e che si trova, giova subito dirlo, in un sermone che Rufino d'Aquileia tradusse a suo modo da una omelia in greco attribuita a S. Basilio, come vogliamo subito dimostrare, riportando anche il contesto di tutti e quattro i nostri testi: Sed dicis: Quid injustum est, si cum aliena non invadam, propria diligentius servo? O impudens dictum! Propria dicis? Quae ex quibus reconditis in hune mundum detulisti? Quando hanc ingressus es lucem, quando de ventre matris existí, quibus, quaeso, facultatibus, quibusque subsidiis stipatus ingressus es? . . . Terra communiter omnibus hominibus data est: [1] proprium nemo dicat, quod e communi plus quam sufficeret sumptum et violenter obtentum est . . . Numquid iniquus est Deus, ut nobis non aequaliter distribuât vitae subsidia, ut tu quidem esses arfluens et abundans, alus vero deesset, et egerent? An ideirco magis quia et tibi voluit benignitatis suae documenta conferre, et alium per virtutem patientiae coronare? Quis enim tam injustus, tam invidus (al. avidus), tarn avarus, quam qui multorum alimenta suum non jam usum, sed abundantiam et delicias facit? [2] Neque enim majoris est criminis habenti tollere, quam, cum possis et abundes, indigentibus denegare. [3] Esurientium pañis est quem tu detines, nudorum vestimentum est quod tu recludis, miserorum redemptio est et absolutio pecunia quam tu in terram defodis. [4] Tantorum te ergo scias invadere bona, quantis possis praestare, si velis.3 Avvertiamo anche che i nostri quattro testi nella tradizione vennero riportati non di rado con qualche variante letterale dalla forma che essi hanno nel surriferito brano rufiniano. Inoltre osserviamo, che nella tradizione i nostri testi, eccetto il primo, vengono citati anche in un'altra forma letteraria latina, che corrisponde perfettamente ad un'altra traduzione latina della stessa celebre omelia di S. Basilio, che si trova nella stessa PG, 31, 262-278 e che...

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