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  • Un Esempio Di Imitazione Virgiliana Nel Canzoniere Petrarchesco: Il Mito Di Orfeo
  • Nicola Gardini

La lettura e lo studio delle opere di Virgilio furono occupazioni costanti nella vita del Petrarca. Secondo una leggenda egli sarebbe stato addirittura trovato morto con il capo reclinato sul volume dei suoi poemi. Il nome del Mantovano è in testa alle due liste di poeti che il Petrarca segnò come autori di libri peculiares sul risguardo dei suoi manoscritti del De anima di Cassiodoro e del De vera religione di Agostino. 1 In un luogo delle Familiaries, 2 che, come il resto dell’epistolario, sono disseminate di motivi e di citazioni virgiliani, Francesco definisce il suo rapporto con Virgilio amicitia. La stessa data della morte di Laura è riportata, quasi la volesse confidare a un sodale, sul codice virgiliano di sua proprietà. 3

Di quella consuetudine risentì la stessa scrittura delle rime. A dare un’idea immediata della presenza di Virgilio nel Petrarca del canzoniere basta una semplice scorsa dell’accurata edizione carducciana, [End Page 132] che in nota segnala numerosissimi recuperi lessicali e sintagmatici di matrice virgiliana. Nelle rime Virgilio, secondo la stessa proporzione rilevabile anche nell’indice delle Familiares, e, all’incirca, del Secretum, è citato da solo quanto Orazio, Properzio e Ovidio insieme. 4

I recuperi sono individuabili in misure e gradi diversi, dalla citazione alla reminiscenza. Ma, sia detto preliminarmente, non occorre ricondurre a un costante uso critico del poeta tutte le coincidenze col testo virgiliano che si possono riscontrare in corpo alle rime. La meccanica del recupero può talvolta avvenire meno intenzionalmente di quanto appaia. È noto il passo di Fam. XXIII, 19, dove si ricorda come il Malpaghini abbia rilevato nel Bucolicum Carmen un’eco verbale dell’Eneide della quale il Petrarca sarebbe stato completamente inconsapevole. Tolti i più lunghi segmenti di traduzione o certe allegorie, 5 dove la volontà del ritorno alla fonte classica o l’insistenza del ricordo sono indubitabili, le suggestioni virgiliane si riducono a brevi tratti nominali. Per la maggior parte sono sintagmi formati da sostantivo e aggettivo, nei quali il secondo degli elementi è stato probabilmente attratto per suggestione automatica nell’orbita semantica del primo. Il binomio formato, così, ricade solo a posteriori nel caso dato, nella formula: “o roco mormorar di lucide onde,” 279, 3 (cfr. “illa cadens raucum per levia murmur / saxa ciet,” Georg. I, 109–10); “ardente vertute,” 146, 1 (cfr. “ardens . . . virtus,” En. VI, 130); “miseri mortali,” 355, 2 (cfr. “miseris mortalibus,” Georg. III, 66); “crudeli stelle,” 22, 15 (cfr. “astra . . . crudelia,” Ecl. V, 23). Non sono questi i riscontri che qui interessano. Essi valgono, però, a illustrare l’estremismo di un virgilianesimo formale la cui importanza si è ben lungi dal voler minimizzare. Ma il “virgilianesimo” petrarchesco, estensivo o minimale, volontario o no che sia, non è solo questione di “pratica” letteraria. [End Page 133] Come cercherò di mostrare, l’imitatio del modello include, di là dai limiti della pura applicazione stilistica, un’idea superiore di letteratura, la volontà di una ridefinizione ultima dello stesso ruolo di “poeta.” La presenza di Virgilio va, infine, rintracciata, oltre il tratto breve di memorie isolate, nella macrostruttura tematica del “romanzo” lirico. Qui la sua influenza di modello assoluto ha favorito lo sviluppo di una sotterranea mitografia poetica, di un filo narrativo. La vicenda è quella eterna del poeta diviso tra canto e silenzio, tra amore e morte, in perdita continua. L’imitatio assurge ad aemulatio e, a livello testuale, ad allusio, rimando all’integrità di un corpus esemplare, non solo a brani di esso, e trova, nella seconda parte dell’opera, forma ultima nella rilettura del metapoetico mito d’Orfeo—un mito che, nel segno di Virgilio, diventa insieme professione ed espressione di poesia.

Chi fece qualche luce verso la fine del secolo scorso sul virgilianesimo petrarchesco fu l’illustre Pierre de Nolhac nel suo capitolo su Petrarca e i poeti augustei. 6 Il ritorno a Virgilio è visto, senza nessuna concessione alla psicologia dell’imitatio poetae, come diretta conseguenza di un profondo apprezzamento linguistico. 7 Lo stile virgiliano sarebbe interpretato in poesia come l’equivalente dell’oratoria ciceroniana—e pensiamo, in prospettiva, al titolo di “ciceroniano” che il Bembo diede al Casa lirico. Vengono subito in mente il passo del...

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