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  • Una biografia impossibile
  • Giorgio Inglese

Per la mia Vita di Dante accettai, a suo tempo, il sottotitolo Una biografia possibile, suggeritomi dall'editore. Si voleva così avvertire il lettore di due cose. Che il libro, nella sua relativa concisione (157 pagine), limita il proprio contenuto a ciò che è possibile ricavare dai testi documentari e letterari, senza cadere nel romanzesco o nell'ingegnosa congettura fine a sé stessa. E che, quasi sempre, le proposte interpretazioni dei testi documentari e letterari rimangono nel dominio del possibile-verisimile senza raggiungere quel grado di certezza storiografica che sarebbe garantita (magari provvisoriamente) dal pieno consenso della comunità scientifica. "Pieno consenso" che oggi si limita quasi soltanto alle date di nascita e di morte di Dante.

Ripensandoci ora, in occasione di questo gradito scambio di opinioni, avrei potuto adottare con altrettanta utilità il sottotitolo Una biografia impossibile, se avessi voluto piuttosto rilevare che il libro è una "raccolta di notizie," la quale, anche quando sia "criticamente condotta, cioè di ciascuna singola notizia adduca la fonte, ossia la testimonianza accortamente vagliata," non può mai, "per sforzi che si facciano," superare "l'esteriorità della fonte e della testimonianza, che rimangono sempre nel loro carattere di un 'si dice' o di un 'è scritto'" (Croce 1966: 8). Una biografia "in senso forte," come ogni vero "libro di storia" avrebbe una sua unità "logica" nel "problema che il giudizio storico formula e nel formularlo risolve." In una biografia di tal genere, "l'individuo è pensato e giudicato solo nell'opera che è sua e insieme non sua, che egli fa e che lo oltrepassa" (ibid.).

Guarda caso, Croce menziona proprio Dante come oggetto di deprecabili "biografie romanzate." Queste hanno per "assunto (. . .) di raffigurare l''essenza' di una data individualità: com'a dire non già la poesia e il pensiero di Dante, ma la 'danteità'; non l'azione religiosa e politica di Lutero, ma la 'luterità'; non Napoleone nella storia del mondo, ma il mondo immiserito e corrotto in lui, la 'napoleonità' (. . .)" (Croce 1966: 14–18). Se dunque fare "storia" di Dante significa "fare storia di quell'opera che è sua e insieme non sua" (ibid.), non all'opera sua pratica [End Page 161] si volgerà il nostro interesse, ma alla sua poesia e al suo pensiero, insomma a ciò che egli ha pensato e scritto.

Per quanto ne sappiamo, e pochissimo ne sappiamo, l'opera pratica dell'individuo Dante Alighieri si disperde, affiorandone distintamente solo per brevi istanti, nella corrente tumultuosa della vita fiorentina (fra 1295 e 1304: la lotta fra consorterie da cui sorse la possente macchina politico-economica di quella repubblica, destinata a occupare il centro della storia italiana fino al 1527); e poi ai margini della singolare avventura di Enrico VII nel nostro Centro-Nord, disperato tentativo di restaurare un'autorità sovrana ormai priva di basi militari e, soprattutto, spirituali. Per la precisione, in questo secondo tratto l'opera dantesca si risolve tutta nella composizione di alcune epistole e, forse, della Monarchia: testi dalla cui lettura si ritraggono solo tenui riflessi di contingenze politiche. Faccio un esempio: l'epistola del 17 aprile 1311 è scritta da Dante in nome di un gruppo ("omnes Tusci qui pacem desiderant"); presa nota del dettaglio, certo significativo, sarà inutile procedere oltre con le illazioni fino a che non si troverà un documento in cui il nome di Dante risulti associato a qualche collettività filo-arrighiana allora operante (manca del resto, al riguardo, ogni riscontro autobiografico).

Come che sia di ciò, mai si dischiude, se non mi inganno, un autentico problema di giudizio storico che abbia al proprio centro la personalità politica del Nostro. Per capirci, se una Vita di Dante non potrà mai essere più che "una raccolta di notizie criticamente condotta," vero libro di storia sarebbe una moderna Vita di Cangrande della Scala che venisse a sostituire il vecchio Spangenberg.

Invece, ripeto: storia di Dante significa storia del suo pensiero e della sua poesia. Ossia risoluzione di effettivi problemi che, dalla lettura delle opere, sorgano dinanzi al nostro bisogno di conoscenza: questioni filosofiche che si dibattono nelle opere di Dante, e non di rado, d'opera in opera, si richiamano e si ripresentano (Falzone 2010); questioni che, nel loro svolgimento di pensiero, attraversino testi danteschi (Gentili...

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