Abstract

Lazzaro è un breve bozzetto dannunziano fortemente improntato alle poetiche naturaliste e veriste e incluso nella prima raccolta di racconti del Vate (Terra vergine) e poi trascurato dalla critica e dallo stesso autore. Il presente articolo si occupa dell’analisi del racconto in questione partendo dalla convinzione che la poetica dannunziana, per quanto tacciata di “modaiola”, abbia delle reali affinità con le poetiche via via messe in atto dallo scrittore abruzzese. In Lazzaro si possono, dunque, rintracciare, nella loro fase aurorale, gli elementi che saranno propri della successiva fase “estetica” della poetica dannunziana. Dall’analisi del brevissimo racconto, incentrato sul mito biblico e mediterraneo di Lazzaro, prende le mosse anche la seconda parte del lavoro in cui si prende in esame l’influenza di D’Annunzio su un altro autore mediterraneo, il drammaturgo spagnolo Ramón del Valle-Inclán e sulla sua opera teatrale Divinas palabras, che pur appartenendo ad un genere completamente differente cela al proprio interno degli evidenti segni dell’influenza dannunziana. Una delle più importanti e, insieme a Lorca, rivoluzionarie voci della drammaturgia novecentesca iberica trae ispirazione da un’operetta giovanile di D’Annunzio, quasi a testimoniare la tendenza alla sperimentazione all quale entrambi gli autori erano evidentemente votati.

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