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  • Come fiori tra le frondeLa posizione dei Protomartiri francescani nell’albero serafico
  • Giuseppe Cassio (bio)

Il presente intervento costituisce l’approfondimento di un tema affrontato in un’altra occasione1 e cioè quello che riguarda l’ubicazione dei Protomartiri francescani († Marrakech, 1220) nel contesto artistico dell’albero serafico. In questa sede, quindi, si proverà ad illustrare il tema arboreo con l’ausilio di una succinta selezione di esempi figurativi tra XV e XVIII secolo, dove i primi martiri dell’ordine dei frati Minori acquistano diverse dislocazioni e, in taluni casi, cedono addirittura la loro posizione ai protagonisti della seconda spedizione evangelizzatrice nell’Africa settentrionale, vale a dire i Martiri di Ceuta († 1227).

Il contesto culturale e religioso

Nel libro Secoli serafici, dato alle stampe a Firenze nel 1757, Bernardo da Decimo descrivendo l’Albero serafico2 fatto realizzare pochi anni prima dal custode della Provincia Riformata Milanese, disapprova la disparità di trattamento con il quale vengono dislocate le riforme nate in seno all’ordine dei frati Minori. Tra le righe l’autore non risparmia accenni critici che – a suo dire – sono da considerarsi indispensabili [End Page 73] per l’aderenza storica dell’immagine. A un certo punto del discorso, Bernardo si pronuncia in senso sfavorevole rispetto alla sproporzionata consistenza del fusto assegnato agli Osservanti, definito “più grosso e più vegeto” ovvero “più degno” – solo per il fatto di trovarsi alla destra del Fondatore e non viceversa – rispetto a quello delle riforme successive.3 Passando in rassegna tutti i rami di un albero che – manco a dirlo – sarebbe completamente da rifare, colpisce la chiosa dell’autore: “troppo sarei noioso, qualora volessi disaminare ogni cosa, che merita correzione in quest’albero”, ponendo l’accento persino al colore e al taglio degli abiti indossati dai personaggi.4 A questo punto è lecito domandarsi: il pensiero di Bernardo è da considerarsi in sé e per sé l’espressione di un atteggiamento fazioso oppure può aver a che fare con un significato complessivo più profondo? Il problema non è secondario e credo ruoti intorno all’identità dei frati Minori, sinteticamente schematizzata nell’Albero ordo, in cui “germogliano” le principali virtù degli “antenati”. L’albero serafico, infatti, rappresentò lo specchio dell’Ordine e la risposta ideale all’umano desiderio di conoscere le proprie radici spirituali, che in età moderna si fece più marcato con la moltiplicazione delle famiglie francescane. La composizione dell’albero doveva schematizzare correttamente l’evoluzione dell’Ordine senza pregiudicare alcuno dei suoi membri più stimati. La posizione dei rami e la disposizione dei personaggi erano nondimeno un problema sostanziale soprattutto in tempo di riforme, che in un certo senso amplificavano l’articolazione dell’albero con l’inevitabile mescolanza di personaggi appartenenti alla stessa stirpe. Prima di affrontare l’argomento prefisso, quindi, sarà bene chiarire la nozione di “famiglia” in ambito francescano. Se, infatti, nella società civile l’albero genealogico è generalmente interpretato come l’elenco completo degli antenati e i rapporti di consanguineità tra individui – fino al raggiungimento dell’apice con i [End Page 74] capostipiti – allora tale funzione sarà ancor più necessaria per la “grande famiglia” dei frati Minori allargatasi a dismisura nel corso di ben otto secoli di vita. In via di prima approssimazione giova ricordare quanto scrive Serge Delsaut in un breve ma puntuale lavoro pubblicato sulla rete.5 Ad un certo punto del suo ragionamento, l’autore riscontra la pressoché totale assenza della parola “famiglia”6 negli scritti di Francesco e Chiara. Orbene nella Regola bollata7 si esortano i frati a mostrarsi “domestici” l’uno con l’altro, mentre nella Compilazione d’Assisi Francesco, provando compassione del suo stato cagionevole, si preoccupa di non potere vedere i suoi “figli” e “fratelli” prima di morire. In altre occasioni egli stesso raccomandò al Signore la “famiglia” che gli aveva affidato.8 Ma Cristo rispose all’angoscia di Francesco esortandolo a occuparsi dell’Ordine che – specifica – è la “sua” famiglia, riconoscendo nel Santo di Assisi un “segno” esemplare per i suoi fratelli.9 Se, quindi, Cristo chiede a Francesco di non identificarsi come pater familias – perché la vera paternità spetta solo a lui –, al contrario Francesco sarà sempre riconosciuto come tale dai suoi fratelli e sorelle. Una conferma non trascurabile è fornita da Tommaso da Celano...

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