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  • In difesa di Garibaldi
  • Salvatore Di Maria

Le differenze tra il Nord e il Sud d’Italia, radicate nella Questione Meridionale, si sono esacerbate negli ultimi anni col nascere della Lega Nord. In cerca di un’identità, banditori dell’ideologia leghista hanno puntato sul contrasto tra Sud e Nord: il primo, terrone, pigro e mafioso; il secondo, tutto l’opposto.1 Sul piano politico-economico, leghisti di tendenze separatiste lamentano lo spreco di fondi statali per un Mezzogiorno avvilito dal persistente abbrutimento della cultura, specialmente dalla collusione mafia-politica. In questo atteggiamento, il Sud avverte il pericolo di essere abbandonato alla sua indigenza economica e chiede la riparazione dei danni subiti sin dall’Unità d’Italia sotto l’imperialismo industriale e commerciale del Nord. Sono nati così gruppi di smania separatista, come, ad esempio, il Movimento Neoborbonico, che vede nella separazione l’opportunità di creare un’identità tutta meridionale, un’identità che smentisca i pregiudizi narrati dai leghisti e che vanti le glorie del proprio passato. Di qui l’iniziativa di alcuni meridionalisti di tornare sui passi della storia e capire meglio come è stata fatta l’Italia e chi ne sono stati i veri protagonisti e artefici.2 Il tentativo di ricostruire una narrativa revisionistica del Risorgimento è del tutto giustificabile se si considera che nuovi studi e la sempre più facile accessibilità a documenti storici possono gettare nuova luce su alcune vecchie prospettive divulgate dalla storiografia ufficiale. L’impresa può approdare a nuovi e utili [End Page 97] apprezzamenti solo se viene affrontata con una rigorosa disamina dei fatti e del contesto che li ha determinati.

Purtroppo non è sempre facile svolgere una revisione del passato senza inficiarla col proprio punto di vista ed arrivare a conclusioni volutamente parziali. Questo si vede in alcuni studiosi meridionalisti che si propongono di smitizzare gli eroi decantati dalla storia ufficiale del Risorgimento, come Cavour, Crispi e Garibaldi. I veri eroi, loro sostengono, sono le vittime della barbarie piemontese, poiché anche le sofferenze delle vittime fanno storia e meritano di essere raccontate. A questo proposito, viene spesso citato l’episodio del sordomuto palermitano che i militari, convinti che fingesse di essere menomato, sottoposero alla tortura per farlo parlare.3 Per altri meridionalisti, veri eroi sono anche i briganti che difesero a sangue il “benamato Regno borbonico contro un invasore assetato di conquista, di sangue e di denaro.”4 Da questa prospettiva, i grandi del Risorgimento sono visti come i responsabili dell’usurpazione del Regno delle Due Sicilie e della depredazione delle sue risorse. Garibaldi, più di ogni altro personaggio del Risorgimento, suscita l’avversione dei meridionalisti più accaniti che lo dicono anticristiano, ladro e criminale di guerra. Bisogna resistere alla tentazione di costruire argomenti su illazioni e affermazioni affrettate e non sempre sostenibili se si vuole arrivare a una vera conoscenza del proprio passato su cui edificare la propria identità. A questo proposito, quanto segue è volto a dimostrare che Garibaldi non fu un ladro o un criminale, ma un vero eroe del popolo. La sua epopea, più che un’invenzione della storiografia italiana, nacque e si propagò spontaneamente tra le masse a cui fu di ispirazione nella lotta per la libertà dalla tirannia e dalla miseria.

Garibaldi: anticattolico e anticlericale

Una delle accuse difficilmente sostenibili è la tesi che Garibaldi e, in generale, i leader della rivoluzione volessero il completo annientamento del cattolicesimo e la sostituzione della “chiesa cattolica con la massonica guidata da Londra” (Ciano 59, 66). Su questa falsariga, c’è chi vede nella rivoluzione un conflitto internazionale tra il mondo liberale e gli stati cattolici (Pellicciari 85). Queste sono posizioni non del tutto nuove, soprattutto per quanto riguarda Garibaldi, accusato di [End Page 98] sacrilegio e di altri misfatti contro la Chiesa. La Gazzetta di Roma, infatti, lo aveva definito un Anticristo, mentre la Gazzetta di Napoli ne aveva fatto un “mostro.” Il volantino Haute-là-Garibaldi lo disse un bandito finanziato dallo straniero ossia dai massoni inglesi (Riall 248). È vero che la maggior parte dei rivoluzionari non erano uomini di chiesa e che avevano subìto il fascino di idee illuministiche a Londra e a Parigi. È anche vero che sotto la pro-dittatura garibaldina si decretò l’espulsione dei gesuiti e dei liguorini...

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