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  • La lotta alle superstizioni:Obiettivi e discussioni dal Libellus al Concilio di Trento
  • Vincenzo Lavenia (bio)

1. Tra i propositi di riforma che Giustiniani e Querini caldeggiarono nella lettera al nuovo pontefice Leone X vi era l’intento non secondario di sradicare gli atti, i riti e le credenze che gli autori definirono con il termine di ‘superstizione.’1 Come si legge nel Libellus, si trattava di un flagello terribile che, associato con l’ignoranza, comportava gravi rischi di peccato mortale che avevano una precisa scaturigine: lo stato deplorevole del clero regolare e secolare, dal quale il popolo dei fedeli traeva cattivi esempi come “da una fonte” o da una “radice”; dall’alto al basso, per così dire.2 La superstizione è [End Page 163] “generatrice di tutti i mali,”3 avversaria della vera fede, peccato capitale contro la religione: idolatria. Fiorente come mai dopo la distruzione del paganesimo antico, tale colpa, agli occhi degli autori, avrebbe meritato una trattazione ben più estesa, al punto che i due eremiti dichiararono di volere mettere mano a “uno scritto più ampio.” Ma per quanto ne so, un’opera de superstitione non venne mai pubblicata né da Querini, morto nel 1514, né da Giustiniani, che sarebbe vissuto fino al 1528.4 Del resto, il Libellus abbozzava già un progetto coerente di Reform before the Reformation – per usare il titolo di un libro piuttosto recente:5 un piano di reformatio della società cristiana che doveva essere guidato dalla Curia papale, dai vescovi e dal Concilio Laterano V voluto da Giulio II;6 e che, dopo la fase dell’emergenza protestante, e dopo la fine di un altro Concilio (quello di Trento, che come il precedente non avrebbe legiferato in materia di superstitio), sarebbe stato ripreso con linee analoghe nell’età della disciplina e della ‘lotta contro le superstizioni’.7 [End Page 164]

In che direzione? “Per sintetizzare – si legge nel Libellus – diciamo che [ogni superstizione] si riferisce sostanzialmente alla contraffazione di queste tre arti: della divinazione, della medicina e dell’artificiosa celebrazione di funzioni della nostra religione. Non c’è infatti nessuna città [...], nessuna casa, quasi nessuna mente di uomo, che [...] non sia in difficoltà per questi tre generi di superstizione.”8 Gli autori della lettera pertanto denunciavano la diffusione delle pratiche di divinazione e dei libri di astrologia, invocandone la censura e il rogo;9 e puntavano il dito contro un certo naturalismo che scrutava nei cieli le sorti mondane degli uomini con tanto di favore dei principi. Inoltre, Querini e Giustiniani ribadivano che le cure non ufficiali in cui si impiegavano farmaci, sortilegi [End Page 165] e formule illecite non potevano ottenere la guarigione del paziente se non fuori dalle leggi di natura (non secundum propriam naturam). Si trattava in sostanza di mezzi diabolici rivolti contro la medicina e al tempo stesso contro la religione, che dovevano allearsi in una lotta comune contro i ciarlatani e i venditori di pomate e contro quegli scellerati che curavano senza riguardi alla medicina insegnata negli Studia.10 Alla Chiesa spettava poi il compito più grave: quello di combattere, tra il clero e tra i fedeli, l’abuso di riti e di res sacrae, di preghiere, salmi e devozioni, di scongiuri e processioni, che offendevano il culto di Dio, la venerazione dei santi, la liturgia e un ortodosso modus orandi.11

Giorgio Caravale ha ricordato che il testo dei due camaldolesi segna un punto di partenza nella moderna strategia ecclesiastica di controllo e di riforma delle devozioni: una strategia che, se non avrebbe applicato, dopo la metà del XVI secolo, il consiglio di permettere ai fedeli la comprensione della Scrittura in volgare, almeno per l’uso che se ne faceva durante le celebrazioni, allo scopo di contrastare l’ignoranza del testo sacro,12 avrebbe ripreso molteplici aspetti della proposta del Libellus, compreso l’intento di fissare un rituale romano canonico.13 E tuttavia – come si è visto – le pagine dedicate in quella lettera al peccato di superstitio prendevano di mira non solo il cattivo uso del culto, della liturgia e [End Page 166] della preghiera, ma anche il ricorso alle cure non approvate dalla medicina colta e la diffusione di scritti sugli astri e sul futuro. Il concilio provinciale...

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