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Il Patto di Assisi Ritorno sulla Carta Pacis di 1210 Il documento del cosiddetto “patto di Assisi” è un instrumentum, come veniva detta in Italia una scrittura eseguita da un notaio pubblico con certe formalità, alla quale questo solo fatto, la paternità e autografia notarili, conferiva carattere di autenticità. Le formalità qui adottate sono molto semplici : all’inizio, l’invocazione simbolica (il segno di croce) e l’invocazione verbale (In Dei nomine, amen); alla fine, la sottoscrizione del notaio Iohannes. Il quale dichiara di aver scritto a suo tempo (olim), cioè subito dopo il 9 novembre 1210, il documento autentico e originale, e ora di trascriverlo (et nunc exemplavi secundum quod inveni in originali manu mea scripto). Si tratta perciò di una copia autentica realizzata dallo stesso estensore dell’originale a distanza di non molto tempo: realizzata non in foglio singolo ma in un registro del Comune di Assisi, quello oggi segnato M1. Tutto quanto è compreso tra questi due segmenti è il tenor del documento : l’atto del 9 novembre 1210. Sotto il profilo formale, l’atto in sé consiste nell’approvazione dell’operato di una commissione paritetica formata da sei membri (tre per parte). Leggiamo infatti alla fine [20]. I sei sono stati positi a domino Car(sedonio) potestate Assi­sii et a consciliariis communis et a toto communi ad congnoscendum et emendandum cartam franchitatis et alia instru­menta communis pro pace composita. Dunque essi hanno ricevuto il compito di riesaminare almeno tre documenti: la carta franchitatis  Cf. Attilio Bartoli Langeli, “La realta sociale Assisiana e il patto del 1210,” in Assisi al Tempo di San Francesco. Atti del V convegno internazionale, Assisi, 13-16 ottobre 1977 (Rimini: Maggioli Editore, 1978), 271-336. Nel tempo trascorso ho maturato alcune idee nuove in merito al documento del 1210, dapprima grazie a una fitta corrispondenza con Daniel Waley e con Jean-Claude Maire Vigueur, poi con l’occasione di una relazione a un convegno fabrianese del 1998. “Il Comune di Fabriano nella Marca del XIII secolo,” in Silvestro Guzzolini e la sua congregazione monastica (a cura di U. Paoli, Fabriano: Monastero San Silvestro Abate, 2001), 938 . Le espongo qui, e per conseguenza modifico l’organizzazione (non il dettato) dell’edizione.  Franciscan Studies 65 (2007) 01.BartoliLangeli.indd 1 11/28/07 15:31:16 Attilio Bartoli Langeli  e (due o più) alia instrumenta fatti dal Comune pro pace. Poi ne citano soltanto due: dichiarano infatti 1) di confermare la carta pacis – ecco uno degli alia instrumenta pro pace composita, il principale, – però exceptis capitulis civium et suburbiorum; e 2) di confermare la carta franchitatis, il cui testo, si afferma, è riportato sopra (totalmente o parzialmente?): secundum quod superius legitur [et] in ipsa carta franchitatis continetur. La commissione presentava le conclusioni del suo lavoro il 9 novembre 1210, alla presenza di quattro testimoni autorevoli e di molti altri, radunati in publica contione; e quanto proposto dalla commissione fu dalla contio approvato all’unanimità: placuit omnibus, quia nullus contradixit. L’atto del 1210 consiste in questo: la proposta della commissione, l’approvazione di essa da parte della publica contio. Aveva un’impostazione diversa l’unico tra i documenti esaminati dalla commissione che conosciamo: la carta pacis del novembre 1203. Allora si trattò di un arbitrato tra i boni homines e gli homines Assisii pronunciato da tre personaggi che ne avevano avuto mandato; infatti il tenore del documento è dispositivo (ordinamus, dicimus, dicimus et ordinamus). Nel 1210 la situazione è, formalmente, differente, ma la sostanza è la stessa: lo dimostra la formula iniziale Sancti Spiritus adsit nobis gratia (con un errore sfuggito al notaio), che è quella solitamente usata da chi dirime una vertenza con un arbitrato o una sentenza. Segue un’altra formula significativa, la “formula d’onore”, intesa a inquadrare politicamente e ideologicamente tutte le disposizioni che seguono, e specialmente la prima. Per inciso, la menzione di Ottone IV imperatore e di Diopoldo dux funge da preciso riferimento cronologico: a “parlare” è sicuramente la commissione del 1210; quella formula non è (per ipotesi) trascritta da un documento precedente, ma è elaborata appositamente, dal notaio estensore, per l’atto del 1210. Si comincia con la conferma della carta pacis. è una conferma implicita , nel senso che non sono riportate tutte le clausole di quel...

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