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Reviewed by:
  • Filologia e critica dantesca
  • Igor Candido
Saverio Bellomo . Filologia e critica dantesca. Brescia: Editrice La Scuola, 2008. 352 pages.

"Se si definisce 'specialistica' una disciplina in ragione della ristrettezza del suo campo di indagine, alla Filologia e critica dantesca non si adatta l'aggettivo, perché l'opera di Dante accoglie in sé dal passato un intero mondo (quello medievale) e getta la sua luce nel futuro sulla cultura europea e soprattutto sulla letteratura italiana" (5). In apertura di volume Saverio Bellomo rivendica la vocazione universalistica di una disciplina che, per contributo precipuo della filologia, si interroga su fondazione e continuità storiche della tradizione letteraria occidentale. Se la filologia può restituirci un "ritratto in piedi di Dante Alighieri," come ha mostrato recentemente Guglielmo Gorni, qui la sfida è squisitamente pedagogica, volta a fornire la prima introduzione al poeta fiorentino che si occupi sistematicamente degli aspetti filologici. E ciò che più sorprende è proprio la felice riuscita didattica delle sezioni dedicate a tali aspetti, nella cornice di un rigoroso avviamento a metodi di ricerca che superano i confini filologici e danteschi.

Per ogni opera l'accesso alla tradizione manoscritta è favorito da una puntuale ricostruzione storico-critica (Genere e struttura, Cronologia, Titolo, Contenuto, Fonti e modelli, Interpretazione, Lingua e stile). Infatti, come più volte ribadito nel corso della trattazione, soltanto un'ottima conoscenza della cultura dell'autore, delle sue fonti, della sua lingua, del suo stile e dei suoi usi scrittori, rende possibile l'operazione interpretativa, sia in senso ermeneutico che in quello strettamente filologico. Qui Bellomo fa proprio uno dei contributi metodologici più importanti della critica novecentesca, quel fondamentale recupero del mondo mentale di Dante su cui hanno insistito interpreti come Eliot, Curtius, Lewis, Singleton, ecc. In questa direzione è particolarmente interessante il capitolo dedicato a lingua e stile delle opere latine, che pone in contesto la scrittura ancora medievale di Dante all'alba del rinnovamento umanistico e già petrarchesco. Esso chiarisce infatti come una consapevole riappropriazione del contesto storico debba fondarsi su basi filologiche: "Manca a tutt'oggi uno studio esaustivo sul latino di Dante, in parte a causa della mancanza di edizioni critiche definitive per la maggior parte delle opere latine" (139).

Veniamo al poema: "Le principali differenze tra le interpretazioni globali della Commedia dipendono in gran parte dall'ambiguo statuto dell'io che [End Page 248] narra. Infatti possiamo teoricamente distinguere almeno tre diverse entità che vi fanno capo: prima di tutto il personaggio storico all'anagrafe Dante Alighieri; poi il personaggio che compie il viaggio e interagisce con gli spiriti e i custodi dell'aldilà; infine il personaggio in quanto si qualifica come poeta" (178). "Il fuoco sulla biografia del protagonista configura il viaggio come un'esperienza di purificazione personale, degna di essere narrata perché di utilità collettiva" (179) e culmina nell'atteggiamento profetico di Dante, che annuncia la venuta di un "veltro" (Inf. I,101) e di un "cinquecento dieci e cinque" (Purg. XXXIII,43) a soccorso dell'umanità traviata. Questo consentirebbe, secondo Bruno Nardi, di ascrivere il poema alla categoria della visio mistica piuttosto che della fictio poetica. L'esemplarità dell'esperienza dell'agens si è configurata diversamente nella linea interpretativa singletoniana, definita con la formula del "Dante everyman" e fondata sull'acuta esegesi dell'incipit del poema, in cui l'aggettivo "nostra" è contrapposto al pronome "mi" ("Nel mezzo del cammin di nostra vita / mi ritrovai [. . .]"). Una proposta "che ha l'avallo dell'antica esegesi, in particolare di Iacopo della Lana, autore del primo commento all'intera Commedia risalente al 1324-28, e valorizza il significato allegorico" (182). Tutto il poema è, infine, una riflessione di tipo metaletterario legata principalmente al canone del personaggio-poeta, ben delineato da Gianfranco Contini. La costante presenza dell'universo letterario si verifica su alcuni episodi (Francesca, Cavalcante, Bonagiunta, Stazio, ecc.), ma soprattutto sulla dinamica di avvicendamento delle guide: Virgilio, la cui Eneide è certo l'antecedente più prossimo, può dunque dirsi guida di Dante nella stesura del poema stesso; Beatrice, simbolo della poesia giovanile, interviene oltre e al di sopra di Virgilio, il cui magistero è superato dalla forte identità cristiana che Beatrice reca con sé dal libello in avanti.

A questo punto Bellomo ritorna sul problema del recupero dell'universo dantesco trattando dei commenti...

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