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  • Parlando la lingua della Mosca:Gli Xenia e la morte tra dimensione domestica e trauma epistemologico
  • Francesco Giusti

1. Lirica: tra autobiografia e assenza

È idea ben nota almeno da Leopardi e i romantici, e non sempre rispondente al vero, che la poesia lirica moderna sia la voce di un io che si espone direttamente parlando di sé; così nella celeberrima definizione del lirico che Leopardi dà nel suo Zibaldone: "espressione libera e schietta di qualunque affetto vivo e ben sentito dall'uomo," il lirico è "proprio d'ogni uomo anche incolto, che cerca di ricrearsi o di consolarsi col canto, e colle parole misurate in qualunque modo, e coll'armonia" (4234). Un'idea di poesia per certi versi pericolosamente vicina al diario sentimentale e a quel genere in prosa di difficile definizione che si chiama autobiografia. Legati entrambi alla necessità di un preventivo accordo sulla veridicità di quanto detto o narrato, sulla sincerità del locutore,1 ancora Leopardi, nella sua distinzione tra poesia e dramma, scrive: "Il fingere d'avere una passione, un carattere ch'ei non ha . . . è cosa alienissima dal poeta. . . . Il sentimento che l'anima al presente, ecco la sola musa ispiratrice del vero poeta, il solo che egli provi inclinazione ad esprimere" (4357). Una verità di sentimenti e una sincerità d'espressione che nella situazione comunicativa estrema che stiamo qui considerando, cioè parole per la morte dell'amato, possiamo dare per scontata. [End Page 236]

Si pensi anche, per una semplice notazione storica, che la cosiddetta lirica moderna condivide con l'autobiografia anche l'epoca di nascita, se si considera la data del 1782 anno di pubblicazione dei primi sei libri delle Confessions di Rousseau come momento simbolico,2 o comunque di diffusione, di pubblicazione e di successo. Vanno considerate inoltre le esperienze di contiguità tra i due generi, qui si citano solo due casi esemplari tra i padri della lirica moderna: il Leopardi dello Zibaldone (pubblicato postumo tra il 1898 e il 1900) che tante riflessioni intesse con i Canti, e il Wordsworth del Preludio, splendido poema lirico-autobiografico pubblicato nel 1850, ma iniziato nei primi anni del secolo. Una volta sottratta l'autobiografia a quell'idea egemonica di "vita esemplare" di agostiniana memoria e che il Canzoniere petrarchesco ancora condivide; quel che Sturrock scrive: "L'autobiografia inizia non solo con la consapevolezza della singolarità dell'autore, ma procede seguitando a singolarizzare" (9), fa quasi pensare a quella pretesa d'importanza universale che il discorso lirico attribuisce alla dimensione del singolare privato.

Inoltre, come l'autobiografia, il testo lirico si pone come spazio della verità, spazio di discorso da cui la finzione deve essere, almeno nell'accordo con il lettore, decisamente allontanata, anche se poi è quasi sempre recuperata nella realtà della scrittura; lo spazio in cui, con pretesa sincerità, l'io narra (o mostra) non tanto gli eventi esterni della propria vita, quanto le cause e gli effetti di questi nella o sulla propria interiorità. Il discorso lirico, come quello autobiografico, si pone come spazio (veritiero) dell'interiorità. E il suo valore, citando Leopardi, non deve essere di "esemplarità," come ancora in Petrarca e nel suo Canzoniere, ma di "singolarità": il discorso del singolo deve assumere valore universale proprio in quanto verità del singolo (Mazzoni 107–14).

Nei canzonieri di/in morte un io lirico molto vicino all'autore stesso e alla sua vita, e perciò prossimo a quella verità fattuale, o alla pretesa di questa, che dell'autobiografia sembra essere un carattere fondamentale, parla di sé, dei suoi pensieri e dei suoi sentimenti, delle vicende che gli sono accadute, ma lo fa servendosi o nascondendosi, dietro lo specchio drammatico, si potrebbe osare "narrativo," di un tu dato a sua volta come dichiaratamente "reale." Lo segue, lo spia, talvolta tende ad assimilarsi ad esso. Un "tu" vissuto nella vita fisica su questa [End Page 237] terra, con cui si sono condivisi momenti, esperienze ed oggetti che entrano come referenti concreti nel discorso lirico.

Nell'epoca considerata d'origine della lirica moderna, già Schiller nella sua distinzione tra poeta ingenuo, che in piena comunione con la natura sentiva la poesia come espressione di un desiderio appagato, e poeta sentimentale, per il quale la natura è perduta e deve essere...

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