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Reviewed by:
  • Les albas occitanes
  • Luca Morlino
Chaguinian, Christophe, ed. 2008. Les albas occitanes, transcription musicale et étude des mélodies par John Haines. Classiques français du Moyen Âge, 156. Paris: Champion. ISBN 978-2-7453-1563-2. ISSN 0755-1959. Pp. 356.

Alcuni anni fa Philippe Ménard notava la persistenza, “malgré une abondante bibliographie”, di molti problemi interpretativi intorno all’alba, concludendo che per un’adeguata trattazione di questi “il faudrait un gros livre” (1996, 53–54). Può darsi che l’edizione del corpus di albas in lingua d’oc curata da Christophe Chaguinian con la collaborazione musicologica di John Haines non si proponesse un fine così impegnativo, tuttavia è inevitabile che il suo valore e la sua utilità vengano concretamente misurati in rapporto alle aspet-tative della critica, quindi in prima istanza proprio in relazione all’ “abondante bibliographie” di cui parlava Ménard.1 A questo proposito sorprende pertanto notare da un lato il mancato riferimento a diversi contributi recenti specifica-mente dedicati all’alba, come quelli di Rossell (1991), di Malm (1995), dello stesso Ménard (1996), di Monari (2005),2 dall’altro l’assenza di un’esplicita o quanto meno di un’implicita giustificazione della nuova raccolta attraverso un giudizio di quella analoga da poco pubblicata da Gérard Gouiran (2005),3 che [End Page 121] se è costantemente citata nel regesto delle edizioni precedenti dei singoli testi, non lo è invece quasi mai nelle note di commento. Lo stato dell’arte sembrava quindi propizio a uno studio generale sull’alba, da affiancare—come avvenuto nel caso delle pastorelle (Franchi 2006a e 2006b)—alla raccolta sinottica dei testi, piuttosto che a un volume che, malgrado le buone intenzioni, sembra fermarsi a metà strada tra questa e quello, e non soddisfa pienamente né da un lato né dall’altro.

Tale giudizio nasce in primo luogo dal fatto che la pur ampia introduzione (9–108) si concentra solo su alcuni dei problemi elencati da Ménard (1996, 54)—la definizione e la legittimazione del genere e del corpus, anche in rap-porto alla trattatistica antica, la sua classificazione ed evoluzione interna, con la discussione di temi, modalità e personaggi presenti nei vari gruppi di testi, l’origine tradizionale-popolare e la successiva influenza cortese-trobadorica, infine la musica—tralasciandone però altri, non meno importanti, anche perché a questi più o meno strettamente intrecciati: la metrica, il refrain (nel senso più ampio, non solo di mot-refrain), gli eventuali legami con la dansa, la fortuna fuori dall’Occitania (trattata solo di sfuggita, se non nell’ambito della vicina e linguisticamente affine Catalogna), cui aggiungerei i rapporti con l’innologia mediolatina, che appaiono troppo facilmente ridimensionati se non proprio rimossi, in modo più che sorprendente nel caso dell’“aurorale eser-cizio di trobar” rappresentato dall’alba bilingue di Fleury,4 cui sono dedicati solo due cenni fugaci (49 e 55), la tradizione manoscritta antecedente ai can-zonieri, cui è rivolta solo una nota (103–104), infine la storia della critica, trat-tata solo per sommi capi e in modo funzionale alla propria tesi, e ricostruita invece in maniera più dettagliata e istruttiva da Monari (2005).

Comunque, al di là dello spazio dedicato o meno a questi problemi, anche nel merito di quelli discussi nell’introduzione c’è qualcosa da eccepire. Cha-guinian propone infatti una nuova classificazione dei testi, che distingue le albas de séparation—in cui gli amanti dopo una notte felicemente trascorsa insieme si separano all’alba, lamentandone l’arrivo—dalle albas formelles, distinte a loro volta in albas érotiques—in cui il tema della separazione manca, mentre gli amanti attendono positivamente l’arrivo dell’alba—e albas religieuses—in cui l’ispirazione devota si lega allegoricamente al motivo dell’alba. Questa classificazione è strettamente legata all’evoluzione storica del genere tracciata dall’autore, per il quale in principio non può che esserci il tema tradizionale e universale della separazione degli amanti, a un certo punto declinato in chiave cortese e dotato di una certa forma dai trovatori (metà del XII secolo), mentre in seguito sarebbe sopravvissuta soltanto que-sta forma e il genere, ormai svuotato del tema originario, si sarebbe aperto ad [End Page 122] altri motivi (tra XII...

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