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Reviewed by:
  • La farmacia degli incurabili. Da Collodi a Calvino
  • Cristian Muscelli
Federica Pedriali . La farmacia degli incurabili. Da Collodi a Calvino. Ravenna: Longo Editore, 2006. Pp.184.

Questo libro non è un libro di mera critica letteraria. Piuttosto è un esercizio di elaborazione testuale condotto dopo aver assunto un farmaco affatto speciale: 'la derridina'. Così, infatti, ammette l'autrice considerando gli effetti pratici del magistero di Jacques Derrida: assumere 'la derridina' significa sentire che non è più possibile compiere una semplice lettura, ma che si è chiamati ad una nuova indagine testuale guidata dal pensiero che ciò che non è presente nel testo è rivelatore del suo senso. Per questo, tutte le categorie della decostruzione vengono messe all'opera: la ricerca degli spazi vuoti, i referenti antinomici impliciti, le note a margine dove, secondo Derrida, andrebbero ricercati i significati. Prova della fedeltà metodologica dell'autrice è il fatto che le note in fondo ai saggi contenuti ne La farmacia degli incurabili non sono riferite a termini o citazioni, ma sono note, appunto, che dall'esterno del testo saggistico ne decidono il senso: il lettore potrebbe voler cercare proprio nelle note le coordinate per ripercorrere gli esercizi dell'autrice.

La missione del critico, così come messa in opera nel libro della Pedriali, è quella di decostruire per contraddire e realizzare una crisi del testo; allo stesso tempo il lettore viene messo in condizione di capire che quel che è oltre il testo è parimenti importante; poiché il testo è solo una traccia che conduce fuori da se stesso. E solo mediante il lavoro di decostruzione può essere inteso come non esiste alcuna dialettica di risoluzione delle opposizioni, ma solo un gioco di alternanza dei concetti in conflitto.

La dedizione della Pedriali alle direttive del filosofo francese è ravvisabile sin dal primo saggio, "Le pere di Geppetto", in cui l'autrice conduce un esame delle strutture psicosociali sottese al confronto generazionale e arriva a [End Page 175] mostrare come le Avventure di Pinocchio siano in realtà il risultato della debolezza dei padri e dei figli, entrambi affidati a narrazioni preconfezionate pur di non impegnarsi nello sforzo richiesto da un'elaborazione originale.

Anche in "Under the Rule of the Great Khan" si lasciano lavorare i reagenti della farmacia di Derrida: la ricerca è qui indirizzata alla doppiezza e all'inattendibilità del testo di Marco Polo. L'esperienza in Asia è descritta come un "mistero originale": non c'è certezza in merito alla 'verità' di quanto Marco Polo e i suoi familiari fecero in Asia, dove realmente, però, furono e viaggiarono. "Farmacia sparsa (incurabilmente Verga)" è un glossario verghiano minimo in cui il metodo della decostruzione mostra la sua utilità: i concetti presentati vengono rivelati, viene scoperto il loro gioco d'opposizione con altri taciti pensieri, per arrivare però a mostrare come la coppia concettuale sottostante all'argomentazione non può trovare alcuna soluzione positiva.

Lo stesso metodo, mutatis mutandis, è utilizzato nel saggio su Gadda ed in quello sulla Clizia montaliana, ma è forse "Prefazione con firma e altra sintomatologia sveviana" il saggio in cui l'esercizio derridiano è meglio riuscito: a beneficio del lettore, l'autrice scopre il gioco che permette alla firma Italo Svevo, già pseudonimo, di diventare fissazione d'identità attraverso la realizzazione di un doppio. Per essere uno, infatti, occorre creare un doppio: "io appongo a pié dattiloscritto Italo Svevo, per sigillare, per fissare la nozione di posto, di ogni cosa al suo posto, il primo dei mali di cui soffre il mio segno, perché da sempre io posso sdoppiarmi, potenziarmi: assistermi, mancando altre assistenze" (106).

L'ultimo saggio, la "Piccola euforia pirandelliana", è uno straordinario esercizio sulla forma: un esercizio di assunzione del linguaggio del drammaturgo agrigentino che viene forzato fino a far apparire, com'è nello stile pirandelliano, i fantasmi sempre presenti in ogni ragionamento. Anche in questo caso, l'esercizio sulla forma, su un 'margine' del testo letterario, consente di raggiungere un aspetto essenziale della poetica. D'altra parte, la decostruzione non è un lavoro definibile manualisticamente: è essa stessa pratica creativa, realizzazione artistica. L'acquisizione critica che ne risulta è uno spazio meta-letterario, uno spazio dove per comprendere i testi occorre parodiarli.

La farmacia degli incurabili è in fondo la realizzazione di un metatesto, in cui le glosse a margine dei testi letterari considerati non si curano di ricordare...

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