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  • Montale e la parola riflessa. Dal disincanto linguistico degli Ossi attraverso le incarnazioni poetiche della Bufera alla lirica decostruttiva dei Diari
  • Andrea Mirabile
Christine Ott . Montale e la parola riflessa. Dal disincanto linguistico degli Ossi attraverso le incarnazioni poetiche della Bufera alla lirica decostruttiva dei Diari. Milano: FrancoAngeli, 2006. Pp. 311.

La dialettica tra identità e alterità è argomento di riflessione ricorrente durante il Novecento, spesso in chiave trasversale rispetto alle distinzioni disciplinari all'interno del campo umanistico. Si ricordi, ad esempio, l'influenza esercitata dalle scoperte di Emile Benveniste sui concetti di io e tu quali funzioni linguistiche, o quelle di Jacques Lacan sulla solidità illusoria del soggetto nelle manifestazioni del desiderio—l'elenco potrebbe continuare a lungo. Uno dei pregi del libro della Ott è quello di accogliere senza riserve la complessità della questione dei rapporti tra soggettività e linguaggio e, forte di un retroterra critico dall'amplissimo ventaglio, in cui spicca la lezione di Karl Alfred Blüher sul profilo dialogico della lirica moderna, di ricorrere a un continuo scambio fra filologia, filosofia, ermeneutica e storia per affrontare tre dei temi ancora problematici per gli studi su Eugenio Montale: il rapporto del poeta con il contesto culturale europeo, e in particolare con la filosofia di Henri Bergson e la poetica di Thomas Stearns Eliot; la concezione montaliana del linguaggio, inseparabile da una più vasta interrogazione gnoseologica; la presenza di un enigmatico interlocutore, a cui si rivolgono numerose liriche del poeta.

In questa ultima direzione, non pochi si sono affannati ad individuare precisi corrispettivi biografici, soprattutto tra le figure femminili presenti nella biografia di Montale. Secondo altri, invece, il poeta converserebbe con se stesso, in una sorta di variegato atteggiamento diaristico. Altri ancora hanno proposto analisi di tipo esoterico, affascinanti ma non sempre convincenti. Eugenio Montale stesso, basti pensare a Satura, ama rimanere reticente al proposito: "I critici ripetono, / da me depistati, / che il mio tu è un istituto. / Senza questa mia colpa avrebbero saputo / che in me i tanti sono uno anche se appaiono / moltiplicati dagli specchi. Il male / è che l'uccello preso nel paretaio / non sa se lui sia lui o uno dei troppi / suoi duplicati". La nostra autrice accetta tale sfida e avvicina i testi attraverso letture in cui, alla parafrasi interessata alle strutture retoriche e alle valenze allegoriche, si unisce un costante rinvio al dibattito culturale coevo, per rendersi conto che chiudere in via definitiva l'interpretazione di chi o cosa sia questa misteriosa presenza, sarebbe un travisamento della natura pluralistica, aperta, dell'esperienza montaliana. Fin dal primo capitolo, "La deontologizzazione della lirica", la studiosa rileva in Montale una precisa tendenza antimetafisica, o "postontologica", ovvero un consapevole opporsi a qualsiasi visione palingenetica della letteratura, cui pur con enormi differenze inclinano nello stesso [End Page 173] giro d'anni senz'altro Gabriele D'Annunzio (il cui Meriggio viene confrontato in modo contrastivo con Meriggiare pallido e assorto) e Giuseppe Ungaretti (e qui il confronto è tra Poesia e Non chiederci la parola), sulla scia d'altronde di una tendenza di fondo della letteratura italiana. Si tratta di una posizione che il poeta radicalizza in modo progressivo, per cui se nella prima fase della sua produzione, come dimostrano i capitoli secondo e terzo, "Scepsi linguistica e gnoseologica in Ossi di seppia" e "La dissociazione della voce lirica nelle Occasioni", non mancano residui orfici, negli ultimi testi, soprattutto nel Quaderno di quattro anni o in quella specie di incredibile beffa che è il Diario postumo, si giunge ad una pratica del tutto relativistica del linguaggio. Ma, come del resto dichiara Montale stesso, che afferma di aver scritto "un solo libro", di cui la fase giovanile sarebbe il "recto", e quella tarda il "verso" (246), Ott sottolinea la presenza di tale spinta corrosiva, sia in sede di poetica che in termini di selezione verbale, nel complesso del corpus montaliano. Spiccano su questa scorta le splendide considerazioni dedicate a una delle liriche più impervie di Montale, Iride, nel quarto capitolo, "Ontologia e deontologizzazione della lirica in La bufera e altro". In questa raccolta il 'tu', che da angelo salvifico si trasforma in figura dell'incomunicabilità, pare incarnare la visione disincantata che il ligure ha dell'esperienza letteraria, la cui insufficienza mina alla...

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