Abstract

Nell'articolo si presenta uno studio de La parola ebreo alla luce di una poetica in cui la rappresentazione dell'infanzia è il cardine fondamentale dell'introspezione autobiografica.

Si analizza quindi la dialettica di discorso e silenzio, dalla quale emerge la verità autobiografica e storica di un passato su cui grava un senso di colpa inteso come destino (Benjamin).

Con l'articolo sostengo che la soggettività rappresentata è l'articolazione storica di una intersoggettività ontologica (Heidegger), espressa nel confronto/opposizione fra un "noi" e un "loro", che solo retrospettivamente si fissa e produce come coscienza e discorso.

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