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MLN 117.1 (2002) 115-152



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D'Annunzio, Duse, Wilde, Bernhardt:
il rapporto autore/attrice fra decadentismo e modernità.

Lucia Re


Negli anni della fine del secolo e nel primo decennio del novecento, l'attrice, più che l'attore, assunse un ruolo fondamentale nei teatri, e fu la figura della prima donna ad attrarre le folle e a galvanizzare i critici. Le attrici Sarah Bernhardt (1844-1923) e Eleonora Duse (1858-1924) raggiunsero infatti una fama di proporzioni mitiche. Gli anni del trionfo delle cosiddette prime donne sono gli stessi anni in cui in Francia, in Italia e in Inghilterra nascono il suffragismo e il femminismo organizzato, e anche nella letteratura si dibattono accesamente il ruolo della donna nella società e il rapporto tra i sessi. Nel contesto del dibattito di fine secolo sulla donna, la figura dell'attrice ha un ruolo ambiguo e complesso. Le attrici, e soprattutto "mostri sacri" come la Bernhardt e la Duse, che erano anche donne-impresario con compagnie proprie e controllavano tutti i dettagli delle regie, sembravano simboli della "donna nuova" e della capacità della donna di essere indipendente e di affermarsi professionalmente. 1 Inoltre esse erano le uniche donne a proposito delle quali si adoperava abitualmente la parola "genio," fatto eccezionale in un'epoca in cui si riteneva che il genio fosse una potenzialità esclusivamente maschile. [End Page 115]

Esibendosi pubblicamente sotto gli occhi di tutti al centro del palcoscenico, l'attrice, con la sua aura di indipendenza, professionalità, e libertà sessuale, appariva tuttavia anche come la negazione incarnata di quel profondo puritanesimo vittoriano (ma anche cattolico e risorgimentale), secondo il quale alla vera natura femminile si addicevano esclusivamente la sfera privata e il cerchio ristretto della casa e degli affetti familiari. In quanto figura pubblica, commercializzata e esposta agli sguardi e al desiderio di tutti, l'attrice, anche quando veniva mitizzata e adorata, appariva simbolicamente e pericolosamente molto vicina alla figura della prostituta. L'attrice, come la prostituta, rappresentava nell'ottica patriarcale vittoriana e cattolico-risorgimentale una mercificazione perversa del femminile, occupando quindi una posizione opposta a quella dell'angelo del focolare. 2

Inoltre, la capacità dell'attrice di interpretare una molteplicità di ruoli diversi e dissacranti rispetto non solo alla moralità dei benpensanti, ma rispetto alla nozione di un'identità femminile fissa, riconoscibile, familiare e rassicurante, ne faceva una figura inquietante e potenzialmente mostruosa. Nel romanzo di Henry James, The Tragic Muse (prima edizione 1890), l'attrice Miriam Rooth appare a più riprese come una specie di mostro agli occhi di uno dei protagonisti maschili, Peter Sherringham, che la ama e cerca inutilmente di convincerla a lasciare il palcoscenico e a sposarlo. Oltre alla sospetta promiscuità delle attrici in generale, è proprio la capacità di Miriam di assumere personalità e ruoli diversi, senza avere apparentemente una vera e stabile identità propria, che la rende mostruosa: "It struck him abruptly that a woman whose only being was 'to make believe,' to make believe that she had any and every being that you [End Page 116] liked, that would serve a purpose, produce a certain effect, and whose identity resided in the continuity of her personations, so that she had no moral privacy, as he phrased it to himself, but lived in a high wind of exhibition, of figuration--such a woman was a kind of monster, in whom of necessity there would be nothing to like, because there would be nothing to take hold of." 3

Proprio quest'aura trasgressiva nei confronti del puritanesimo vittoriano e di quello cattolico-risorgimentale e rispetto a certi modelli di identità di genere, rendeva l'attrice, almeno in apparenza, una figura quasi emblematicamente decadente e certamente utile all'estetica, per molti aspetti proto-modernista, di Wilde e di D'Annunzio. 4 (Tra i modelli per il personaggio dell'esteta Gabriel Nash, nel romanzo di James The Tragic Muse, sembrano esservi sia Wilde che D'Annunzio, e Nash risulta infatti una figura non meno inquietante e "mostruosa" di quella dell'attrice, Miriam Rooth.) L'affinità tra il dandy e la donna attrice/seduttrice è uno dei temi...

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