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MLN 117.1 (2002) 1-16



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Mistica, Ermeneutica, Dante

Giuliana Carugati


ché nullo effetto mai razionabile
per lo piacer uman che rinnovella
seguendo il cielo, sempre fu durabile

Riparliamo di "mistica". Le virgolette sono importanti, stanno a segnalare e a invocare uno stato di allerta costante: il termine è infatti usurato e può essere (è stato, ampiamente) male inteso, soprattutto se riferito alla Commedia. Parliamo anche di pensiero europeo contemporaneo, che per sveltire il discorso ricapitolerò come "ermeneutica", pur consapevole che il termine non può applicarsi indiscriminatamente a tutti i pensatori, diciamo così, post-heideggeriani. C'è una relazione tra "mistica" ed ermeneutica oppure, in quanto appartenenti a due universi culturali non omogenei, i due termini, nonché le due pratiche, sono del tutto estranei l'uno all'altro? È ingiustificato e illegittimo il tentativo di leggere l'una alla luce dell'altra? Soprattutto: è ingiustificato e illegittimo leggere Dante alla luce di una "mistica" ermeneuticamente esaminata? Le brevi riflessioni che seguono vorrebbero rispondere a queste domande.

Prima di tutto: che cosa vuol dire "leggere"? Nessun testo, men che meno il testo che attraversa ed è attraversato da una straordinaria quantità di letture, può essere compreso e trasmesso al di fuori dell'orizzonte storico-teorico del lettore interprete. L'identità dell'oggetto-testo si costituisce non accidentalmente, bensì essenzialmente, nell'apparire che l'interprete gli conferisce, e che di questi reca, per così dire, i connotati epocali, le stigmate storiche. Il "senso vero" del testo non giunge mai alla chiusura: esso è un processo infinito che dura quanto dura la storia del testo e delle sue letture. Il lettore ha due doveri fondamentali: aprirsi al testo e al suo mondo, e riconoscere [End Page 1] il proprio orizzonte. Sapere "in quale attimo della storia occulta dell'Occidente noi stiamo" 1 è tanto importante quanto decifrare non solo il testo ma l'orizzonte storico in cui il testo si forma. E decifrare questo orizzonte significa necessariamente rapportarlo al proprio, "tradurlo" nei propri parametri di comprensione del mondo, inserirlo in un proprio progetto ermeneutico 2 , senza di che non si dà né comprensione, né, tanto meno, trasmissione del testo. "L'interesse per il mondo di un libro", scrive Ezio Raimondi, "non cancella nel lettore l'interesse per il mondo, anzi è proprio questa tensione a creare il confronto, l'arte difficile del leggere" 3 . Quanto questo sia vero lo dimostra tutta la storia della critica dantesca. I lettori della Commedia non hanno mai fatto altro che rapportare a sé-stessi-nel-mondo quel testo che, come tutti i testi, non è mai che "uno spartito multiplo in sequenze discontinue, legate alla funzione variabile della storicità come momenti di un disordine che reiterandosi diviene ordine, gioco aleatorio di coincidenze e contrasti" 4 . Da Guido da Pisa a Croce, la Commedia si è data come spazio di confronto tra le concezioni più diverse, dentro e fuori della sfera istituzionale cristiana che per prima accoglie il poema. Il progetto del lettore non è un elemento avventizio e prescindibile: esso fa vivere il testo, un po' come l'esecutore strumentale fa cantare la musica dello spartito. Una lettura forte corrisponde a un progetto forte, e la forza di un progetto risiede nella sua capacità di misurarsi con le istanze del proprio momento storico. Nella fattispecie: è utile, cioè responsabile e leggibile, una interpretazione di Dante che ignori, o respinga senza appello, le forme del pensiero moderno e contemporaneo? Possiamo, o addirittura dobbiamo, leggendo Dante, ignorare Hegel e Nietzsche e Heidegger? Dobbiamo tracciare intorno al libro aperto della Commedia un cerchio che escluda, dico un po' a caso, Gadamer, Ricoeur, Habermas, Lévinas, fino al vituperato, mal compreso e peggio imitato Derrida? Diremo forse che il pensiero della modernità--una modernità che poi, se non la si vuole addirittura inaugurare con Cartesio, abbraccia senza soluzioni di continuità i due secoli interi che stanno alle nostre spalle--è totalmente altro, totalmente estraneo al pensiero antico e medievale? La nostra condizione [End Page 2] sarebbe davvero tragica, poiché, avendo dimenticato tutto, saremmo ridotti, di fronte ai testi della nostra tradizione, a muti spettatori, e la Commedia potrebbe essere solo guardata--ma fino a quando?--come si guardano i bisonti dipinti o incisi...

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