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MLN 115.1 (2000) 153-155



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Book Review

Dialogo coi volanti


Paolo Valesio, Dialogo coi volanti. Napoli: Edizioni Cronopio, 1997. Pp. 143.

"Meditazione continuata" e "saggio di pensiero narrativo," questo piccolo libro di Paolo Valesio prende avvio dalla rilettura di uno dei più famosi dei Fioretti di San Francesco, quello in cui il santo "predica agli uccelli," riportato in apertura nella sua interezza (dalla edizione curata da Pier Massimo Forni, Milano: Garzanti, 1993). Valesio non lo cita, ma si tratta dello stesso brano francescano che ha ispirato un noto episodio del film Uccellacci e uccellini di Pierpaolo Pasolini (con Totò e Ninetto Davoli), l'unico forse in quel film se non in tutta la produzione di Pasolini ad essere animato da uno spirito di straordinaria leggerezza e comica poeticità, si potrebbe dire quasi di purezza, scevra da condizionamenti ideologici e moralistici. Questa miracolosa leggerezza e purezza, che anche l'ultimo Calvino ammirava e a cui ambiva, trova il suo simbolo o meglio la sua incarnazione proprio negli uccelli, nel loro volo e nel loro canto, che costituiscono un linguaggio eloquente secondo Valesio per chi sa silenziosamente ascoltarlo, decifrarlo, ed entrarvi dentro.

Valesio, come Calvino nella prima delle Lezioni americane, fa riferimento alla diciassettesima delle Operette morali di Leopardi, "Elogio degli uccelli," un testo meditativo (attribuito da Leopardi ad Amelio, un "filosofo solitario" seduto con i suoi libri nella sua casa di campagna) che traccia un mirabile disegno di leggerezza e felicità. Ma mentre Calvino si mantiene nella dimensione pur silenziosa della scrittura o perlomeno dei libri (il suo santo di elezione era infatti, dopo San Giorgio, San Gerolamo), Valesio--in questo [End Page 153] più vicino a Pasolini oltre che a San Francesco--cerca nell'immagine dei "volanti" e nel dialogo contemplativo e meditativo con essi e con tutte le altre "creature" un modo per intravedere la profondità silenziosa dell'essere e del divino. Autodefinendosi, "silenziario," cioè uomo dedito al silenzio, Silvio afferma infatti: "Ecco allora la grande importanza, per un silenziario, di ascoltare gli animali, ecco il messaggio della tradizione francescana, o più precisamente di quella gnosi arcaica e fiabesca che passa attraverso san Francesco: ascoltando gli animali, ascoltiamo l'Essere nel suo puro silenzio naturale" (30).

Con questo riavvicinamento francescano al divino, Valesio entra a far parte di un movimento generale di pensiero che, se pur con accenti e modi molto diversi, ha recentemente condotto filosofi contemporanei quali Jacques Derrida e Gianni Vattimo a riproporre--ripercorrendo in parte le riflessioni fondamentali di Heidegger--un discorso di tipo religioso e sostanzialmente cristiano. Tuttavia il libro di Valesio evita le grandi teorizzazioni come evita la forma romanzesca "piena"; alla narrazione e alle meta-narrazioni filosofiche preferisce la forma dimessa, umile e frammentaria del "diario" interpolato con dei mini-racconti in terza persona di fatti, avvenimenti e gesti minimi, quasi trascurabili, vissuti e compiuti dall'alter-ego dell'autore, Silvio, nella solitudine della sua casa sulle rive di un laghetto del Connecticut. La casa è circondata di uccelli e vari animali amorevolmente descritti (cigni, anatre, scriccioli, fringuelli, aironi, serpi, tartarughe, pesci, scoiattoli, conigli, procioni, marmotte) che fanno sentire la propria presenza a volte invadente e provocano la meraviglia, la gioia e l'intervento sollecito e premuroso, spesso pietoso e quasi "materno," dell'ingenuo, vagamente comico protagonista, alquanto e volutamente lontano da Thoreau e dalla sua Walden Pond (di cui il libro di Valesio significativamente tace).

E' una narrazione del quotidiano, "povera," dimessa, frammentaria, piena di silenzi, di un genere che e' stato spesso definito "femminile" o comunque associato con le donne (basti pensare al diario di Matilde Manzoni, o a certi film autobiografici di Chantal Akerman) appunto perchè in chiave minore e quasi marginale, incidentale rispetto alla "vera," piena e distesa narrazione del romanzo o alla "vera" riflessione filosofica, implicitamente maschili. Pur nella sua felice spontaneità e freschezza, la narrazione dà peraltro l'impressione di una riduzione fenomenologica ben misurata e calcolata: si tratta di un effetto "francescano" di stile sapientemente costruito dall'autore. Il "diario" di riflessioni che si alterna alle mini-narrazioni è intessuto di rapide allusioni e riferimenti letterari, religiosi, araldici e filosofici spesso appena accennati quasi...

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