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Reviewed by:
  • The Sign of Reason in Boccaccio’s Fiction
  • Pier Massimo Forni
Victoria Kirkham, The Sign of Reason in Boccaccio’s Fiction. Firenze, Olschki, 1993. 283 pp.

Ampiezza della ricognizione, conoscenza del campo, solidità di costruzione e coerenza ragionativa fanno di questo libro il piú consistente e significativo contributo agli studi sul Boccaccio apparso negli Stati Uniti negli ultimi anni. Ciò non vuol dire che il Boccaccio che ci consegna Victoria Kirkham vada accettato passivamente, che l’argomentazione sia in tutto e per tutto persuasiva. Si vuole invece riconoscere il merito cospicuo di uno sforzo interpretativo poderoso, autorevole e insolitamente ambizioso che pretente a buon diritto l’attenzione degli addetti ai lavori. Non capita spesso, al giorno d’oggi, d’imbattersi in proposte intellettuali con cui sia impossibile non misurarsi: The Sign of Reason in Boccaccio’s Fiction è, indubbiamente, una proposta di questo tipo.

La tesi fondamentale cui fa riferimento il titolo è lucidamente esposta nella introduzione. Punto di partenza il celeberrimo pronunciamento liminale della decameroniana Pampinea, che invita i compagni alla salutare escursione nel contado fiorentino: un’escursione che lasci ampio spazio alla “festa,” alla “allegrezza,” al “piacere,” ma condotta “senza trapassare in alcuno atto il segno della ragione” (I Intr. 65). Solo portando alla luce le radici filosofiche di quest’ultimo valore, argomenta la Kirkham, solo mettendo in rilievo la ricchezza delle sue implicazioni nella costruzione dell’opera, si potrà giungere ad una soddisfacente lettura critica complessiva. Ecco allora Tommaso insediato come nume tutelare del centonovelle: “If Dante is the ‘missing character’ [assente come personaggio, ma presente come produttore di significato] in the Decameron, Aquinas is its absent philosopher. The Angelic doctor dwells by metonimy in the seat of Florentine Dominicanism, that great Gothic church Boccaccio privileges in the spatial plan of his book as the spiritual domus of his storytellers.” (10). Ecco, cioè, la lettura affidarsi ad una strategia che riconduca risolutamente la poetica filosofica del Boccaccio alla grande tradizione del razionalismo antico-medievale:

Philosophically, Boccaccio’s ‘no trespas sing reason’ calls for an Aristotelian-Thomistic system of ethics, which forges a great chain of being; as the soul rules the body, so must the appetites of concupiscence and irascibility obey reason, so must woman obey man, so must citizens obey their ruler, so must good Christians obey God. Such an ideal world, mirrored in the pastoral utopia of the Florentine brigata, requires rational [End Page 171] order in the individual and rational order in the state. For all its wit and spice, the jokesters and philanderers among its population, the Decameron is a microcosm founded on the principle of reason.

(13)

Non soltanto il Decameron, del resto, ma anche le opere precedenti sarebbero in vario modo orientate da questa razionale stella polare. L’unità del libro della Kirkham (che affronta, assieme al Decameron, il Teseida e l’Amorosa visione) risulta, in buona parte, dal continuo ricorso, capitolo dopo capitolo, a questo principio.

Il primo saggio del volume, “‘Chiuso parlare’ in Boccaccio’s Teseida,” potrà riuscire piú o meno persuasivo a seconda della misura di credito che il lettore è disposto ad accordare all’ingegnosa macchina interpretativa numerologica che lo caratterizza. Ipotesi di partenza è che tutta la disposizione del materiale nel testo sia governata dai numeri 3, 5 e 7 rappresentativi rispettivamente di Venere, Marte e Diana. Il 5, poi, trova un senso cruciale nell’essere anche il numero del matrimonio, e il 7 quello della virtú. Nel ritrovamento dei complessi nessi numerologici affiora un’allegoria del poema boccacciano in cui Arcita e Palemone rappresentanti ira e lussuria si collocano in ruolo antagonistico rispetto a Teseo ed Emilia: “It is these latter, solar and lunar sources of enlightenment that conquer the appetites and are the moral protagonists in Boccaccio’s book of Teseo and the epic of Emilia’s marriage” (52–53). Si tratta della prima tessera di un mosaico interpretativo che vuole che l’immaginazione per cosí dire strutturale del Boccaccio sia profondamente, seriamente allegorico-cristiana.

L’obbiettivo della Kirkham assume contorni piú definiti nel saggio sull’Amorosa visione: “Amorous Vision, Scholastic Vistas,” dove un erudito e ben congegnato apparato interpretativo apre la via a conclusioni eloquentemente argomentate:

All parts of the Amorosa visione are symbolic, from...

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