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  • Con gli occhi chiusi
  • Eduardo Saccone

“Stava bene sul letto, con gli occhi chiusi” (p. x5). 1 Il soggetto in questione è Pietro, il personaggio protagonista del primo romanzo di Tozzi, il giovane ventenne che, allontanatosi da Siena, dal padre con cui vive da estraneo (“come due estranei costretti a vivere insieme,” p. 83), per studiare a Firenze, si avvede che l’estraneità dura, e con essa il “disagio”: “Si trovava sempre a disagio: ed era come una cosa che non riesciva a spiegarsi” (p. 84).

Si sforzava d’essere soddisfatto e di affezionarsi alla scuola; ma gli pareva che i giorni fossero così staccati e separati l’uno dall’altro che sentiva prendersi dallo scoraggiamento. Il giorno dopo non era capace più a ricordarsi e a raccapezzarsi del giorno avanti; e provava difficoltà a pensare ai giorni successivi.

(p. 84)

La difficoltà, come si vede e meglio si vedrà in seguito, riguarda sia tempo che spazio. L’esperienza che il personaggio fa di entrambe queste dimensioni è quella di una discontinuità invece che di una continuità: stacco e separazione. Di qui l’impossibilità di un vero interessamento, anzi di un affidamento: “Non si affidava agli amici, e ne sentiva la mancanza. Si annoiava di tutto” (p. 84). Di qui “uno scoraggiamento languido” (p. 84), e il senso di un assedio e di un’inimicizia diffusa: delle strade, le cui case “si chiudono insieme” (p. 85), dell’“affittirsi” dei giorni, della stanchezza che cresce, facendogli “lo stesso effetto di una colpa inspiegabile” (p. 85); ma soprattutto l’estraneità, l’“angoscia, ma anche [il] piacere” di sentirsi [End Page 1] “sempre più differente a tutti; e non seppe spiegarsi come gli altri studiassero senza essere costretti a fare come lui.” 2 “Ed ebbe più fretta d’allontanarsene” (p. 85).

Allontanarsi, chiudere gli occhi: perché “egli non aveva più la fede con la quale una volta voleva convertire gli altri” (p. 86). E allora? Allora “la sua impazienza di rivedere Ghisola aumentava; perché metteva in Ghisola tutta la fiducia della sua vita” (ibid.). Ghisola, la contadinella della sua adolescenza a Poggio a’ Meli, allontanata decisamente dal padrone del podere Domenico, il padre di Pietro, e ora ritrovata, o piuttosto riemersa da un passato quasi perduto prima in una fotografia (da cui Pietro “comprese, instantaneamente, quel che volesse dir bella” [pp. 71–72]), poi, casualmente, in una lettera: “Ma saputo, per caso, da una lettera ricevuta da Rebecca, che Ghisola era a Firenze da molto tempo, e non più a Radda, prese senz’altro la decisione” (p. 86). E’ una decisione per modo di dire: equivalente per molti versi al chiudere gli occhi della citazione con cui abbiamo iniziato. La situazione viene ricapitolata significativamente dal brano che segue, nella stessa pagina, la sorprendente dichiarazione del protagonista, già riportata, su dove “metteva . . . tutta la fiducia della sua vita.”

Stava a giornate intere, solo, in casa; guardando, con la faccia su i vetri, il sottile rettangolo di azzurro tra i tetti. [. . .] E allora sentiva il vuoto di quella solitudine rinchiusa in uno dei più antichi palazzi di Siena, tutto disabitato, con la torre mozza sopra il tetro Arco dei Rossi; in mezzo alle case oscure e deserte, l’una stretta all’altra; con stemmi scolpiti che nessuno conosce più, di famiglie scomparse; case a muri con due metri di spessore, a voltoni, le stanze quasi senz’aria. I ragnateli larghi come stracci e la polvere su le finestre sempre chiuse e i davanzali sporgenti dalle facciate.

(pp. 86–87)

E’ un buon esempio, tra i molti, del descrivere allusivo, ovvero allegorico di Tozzi. L’evidenza della descrizione, la sua enargeia, è non solo funzionale, com’è ovvio, ma si carica di un senso che va ben oltre la lettera. La determinatezza dei particolari copre l’astrattezza o generalità del conflitto. L’oppressione, altrimenti indefinibile (come del resto l’“esistenza superiore e indefinibile,” appunto [p. 88], ch’egli sogna all’opposto), si cifra nella “solitudine rinchiusa” dell’antico palazzo “disabitato,” nelle “case oscure e deserte, l’una [End Page 2] stretta all’altra,” negli stemmi irriconoscibili, nelle “stanze . . . senz’aria,” nei “ragnateli larghi come stracci,” nella “polvere su le finestre sempre chiuse” di Siena: cui per il momento, con Ghisola...

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