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  • Ideologia della conquista, ideologia dell’accoglienza:La Scanderbeide di Margherita Sarrocchi (1623)
  • Serena Pezzini

Nel 1623 a Roma, per i torchi di Andrea Fei, esce La Scanderbeide, poema eroico di Margherita Sarrocchi. Il poema era già stato pubblicato da Lepido Facij, ancora a Roma, nel 1606, sebbene incompleto.1 La Scanderbeide prende nome dal protagonista della vicenda epica, l'albanese Giorgio Castriota detto Scanderbeg, sottratto alla sua famiglia da Murad II allorché l'imperatore ottomano conquistò l'Albania, convertito alla religione musulmana, fatto capitano dei Giannizzeri.2 Il poema prende spunto dalla seconda parte della vita dell'eroe, che durante l'assedio di Belgrado matura l'idea della ribellione politica e della ri-conversione al cristianesimo, quindi riconquista l'indipendenza dell'Albania dall'impero. Il soggetto si attaglia particolarmente alle esigenze dell'epica controriformata: la figura di frontiera incarnata dall'eroe, campione dell'Islam provvidenzialmente ravvedutosi e tornato in seno all'occidente cristiano, diviene paradigma di un sovradisegno celeste che ordina e ricompone [End Page 190] i destini individuali e la sfera temporale dell'esistente. L'elemento della conversione, la cui fascinazione e viscosità esercitano grande influenza nel regno dell'epica post-tassiana, rende il personaggio storico Scanderbeg protagonista perfetto di un poema eroico.

La regolarità de La Scanderbeide non si limita alla scelta di un soggetto in conformità con i presupposti ideologici controriformati, ma si esplica anche attraverso una puntigliosa fedeltà al dettato tassiano nello scioglimento formale, un'adesione al genere minuziosamente codificato attraverso prove pratiche ed elaborazioni teoriche. In questo senso il poema di Sarrocchi si ascrive a pieno titolo nel fenomeno dell'epigonismo tassiano secentesco.

La definizione di categorie e correnti all'interno della storia della letteratura non deve indurre alla pacificazione degli interrogativi ed alla postulazione di un'uniformità aproblematica. L'epigonismo è una risposta a determinate sollecitazioni estetiche, politiche, culturali, ma non è un fenomeno monolitico: mentre l'atto del rispondere è comune, le soluzioni offerte mostrano una gamma estremamente eterogenea. Si tratta perciò di individuare il nesso tra il singolo e l'orizzonte di riferimento, tra le soluzioni narrative suggerite e la comprensione ed elaborazione personale di queste, come espresso efficamente da Harlod Bloom:

Poetic history [...] is held to be indistinguishable from poetic influence, since strong poets make that history by misreading one another, so as to clear imaginative space for themselves. My concern is only with strong poets, major figures with the persistence to wrestle with their strong precursor, even to the death. Weaker talents idealize; figures of capable imagination appropriate for themselves. But nothing is got for nothing, and self-appropriation involves the immense anxieties of indebtedness, for what strong maker desires the realization that he has failed to create himself?3

Poeti forti e poeti deboli sono accomunati dalla mis-interpretazione del testo che li precede e che ombreggia la loro opera. Anche chi non patisce di 'angoscia,' bensì di 'orgoglio dell'influenza,' quindi, mis-interpreta colui che elegge padre putativo. Gli epigoni secenteschi di Tasso, tra cui Sarrocchi, scelta la Liberata come modello, come poema eroico perfetto, attuano una ri-lettura del testo, ri-lettura che reputano fedele al dettato e foriera della ri-produzione di una formula trionfante. [End Page 191]

Ne La Scanderbeide, agli interrogativi relativi al rapporto tra emuli e modelli (il modo in cui si struttura l'interazione con l'archetipo, il tipo di ri-produzione del testo proposta, gli elementi sanciti come immodificabili, garanti del genere, e quelli ritenuti plasmabili) si sovrappone la specificità gender, che in questo rapporto inserisce ulteriori variabili. Non ho affrontato il poema di Sarrocchi ignorando il sesso della scrivente. Ritengo che la percezione della realtà e lo sviluppo dell'immaginario di un essere umano siano profondamente vincolati al genere sessuale di appartenenza. Questo non in un'ottica di essenzialismo biologico, non, cioè, perché io imputi la differenza a cause naturali, fisiche, ormonali, ma in virtù della costruzione sociale del genere sessuale che intorno ai concetti di 'uomo' e 'donna' ha edificato ruoli, incombenze, posizionamenti rispetto alle istituzioni, aspettative. Una persona che si rapporta all'esterno lo fa in piena consapevolezza del suo essere soggetto sessuato, indipendentemente dall'egualitarismo o meno del contesto all'interno del quale si esplica la sua soggettività; una donna...

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