Abstract

La teologia dovrebbe occuparsi più seriamente della musica. La musica porta segni di vita che il nichilismo non ha potuto cancellare. Dalla fine dell’Ottocento, e per tutto il Novecento, nell’epoca della secolarizzazione dell’arte, tutti i grandi musicisti, nelle loro opere più alte, si sono misurati con i temi e i testi della tradizione religiosa (da Wagner a Henze, da Schönberg a Andriessen, da Strawinskj a Messiaen, da Skriabjn a Gubaidulina). In questo saggio viene presentato il passaggio della musica dalla romantica “religione dell’arte” alla contemporanea “etica della dissonanza.” Nel confronto con la tesi di W.T. Adorno viene proposta una visione della musica come capacità di redenzione del significante dal nichilismo. La musica restituisce forza e bellezza al dono divino della capacità umana di significare. In questo modo, riapre la speranza anche per la parola, per il gesto, per la rappresentazione della realtà.

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