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  • Critica testuale, filologia materiale, ecdotica dei canzonieri
  • Roberta Capelli
Vielliard, Françoise, Olivier Guyotjeannin, and Pascale Bourgain, eds. 2001–2002. Conseils pour l’édition des textes médiévaux. 3 vols: 1. Conseils généraux, 2. Actes et documents d’archives, 3. Textes littéraires. Paris: Éditions du Comité des travaux historiques et scientifiques–École nationale des chartes.

I tre snelli volumi che, sotto la supervisione di Françoise Vielliard e Olivier Guyotjeannin, risultano da un’idea di Jacques Monfrin e Robert-Henri Bautier, dal lavoro di Pascale Bourgain, Marc Smith, studenti e membri del gruppo di ricerca sulla “Civilisation de l’écrit au Moyen Âge”, e dalla colla-borazione di Bernard Barbiche, Gérard Giordanengo, e Marie-Clotilde Hubert, hanno molti pregi, di portata scalare: schematizzano e fissano in forma manualistica i criteri base di un’edizione critica, con un approccio storiografico e multisciplinare al processo editoriale, che abbia, in prospettiva sincronica e, soprattutto, in prospettiva diacronica, un’applicabilità flessibile sia ai testi letterari, sia ai testi documentari medievali e moderni fino al sec. XVI, di àmbito gallo-romanzo (vale a dire scritti in latino, francese, francoprovenzale e occitano). E per edizione si intenda qui “l’édition ‘courante’, par opposition à des édition ‘de recherche’” (1:14); per tappe editoriali si prendano a modello i capitoli strutturanti il secondo fascicolo ma validi, ovviamente, anche per il terzo: “étude de la tradition (I),évolution des pratiques d’édition (II), examen préalable (III), mise au point du texte édité (IV), présentation (V), problèmes spécifiques posés par les documents de gestion (VI), confection des index et tables (VII)” (2:7); per testi documentari, [End Page 184] infine, si considerino “les ‘actes’, objets stricts de la diplomatie [et] les ‘documents d’archives’, élaborés dans une optique de gestion”, mentre i testi letterari siano “toutes les autres créations, des plus ludiques aux plus pratiques” (2:19). Con abbondanza di esemplificazioni pratiche, comparative (più edizioni dello stesso testo realizzate in secoli diversi) e dimostrative (edizione di un testo realizzata secondo i criteri proposti dall’École des chartes), l’opera si pone come un valido strumento di studio e di lavoro per il filologo di “ultima generazione”, ormai consapevole, cioè, dell’importanza di mobilitare e mettere a frutto, in àmbito ecdotico, cognizioni di storia della lingua, archivistica e biblioteconomia, paleografia, codicologia. Cosicché, anche nel caso di originale o di archetipo perduti, la tensione ideale tutta lachmanniana verso l’Ur-Testo si fluidifica nel labor limae dell’indagine comparatistica che, ampliando e problematizzando l’analisi filologica, costruisce un prodotto finale sempre più perfezionato dall’aumento e dall’approfondimento delle conoscenze sul materiale disponibile. Ne deriva, quindi, un modello metodologico di “edizione ragionata”, in cui l’intuizione critica insita nell’emendatio è sorretta e alimentata da un forte bagaglio di conoscenze tecniche che permette all’Editore di collegare tutti gli elementi in suo possesso in un sistema dinamico, possibilmente portatore di un significato illuminante a fini esegetici, ermeneutici, o documentari. Qual è, infatti, il caso della diffrazione, voce mancante da aggiungere alla sezione su “varianti ed errori” del terzo fascicolo (34), in quanto esempio paradigmatico di soggettività mediata dell’Editore, perché, come ben dimostrato da Gianfranco Contini nei suoi fondamentali “scavi” sul Saint Alexis,1 la diffrazione in praesentia (quando si tratti di scegliere la lezione “più corretta” tra quelle offerte dai vari testimoni) e la diffrazione in absentia (quando si tratti di ricostruire la lezione “probabilmente” corretta a partire dalle lezioni erronee tràdite dai vari testimoni) ancorano la congettura del filologo a parametri interattivi oggettivi, metrici, linguistici, storici, e formali. Piuttosto, passando dal circoscritto al generale, questi tre fascicoli suscitano due riflessioni di macro-area: sull’esclusione dalla campionatura dei testi lirici, che più della prosa necessitano di criteri editoriali specifici; e sul totale silenzio circa l’edizione di singoli testimoni manoscritti, che pure è funzionale all’edizione dei testi in essi contenuti. Il discorso sulla lirica richiederebbe, in effetti, un fascicolo a sé stante, non foss’altro che per le questioni di resa grafica delle varie forme metriche; per le anomalie di trasmissione/fruizione [End Page 185] di versioni diverse, ridotte o “vestite” di uno stesso testo (penso, ad esempio, alle...

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