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MLN 117.1 (2002) 106-114



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I mondi di Verga:
l'ossimoro di Cavalleria Rusticana

Eduardo Saccone


Le pesche non s'innestano sull'olivo. (298)
Così il pesco non s'innesta all'ulivo. (303)

La prima edizione di Vita dei campi uscì da Treves alla fine di agosto del 1880: conteneva, com'è noto, otto novelle, e "Cavalleria rusticana", già comparsa in Fanfulla della Domenica del 14 marzo, figurava al quarto posto. Se l'edizione del 1881 restava praticamente immutata, con l'aggiunta però in coda della dissonante "Il come, il quando ed il perché", la terza del 1892, ripetendo quanto al numero e al testo la precedente, rivoluzionava ordine e titolo. Adesso "Cavalleria rusticana" e "La lupa" sono passate rispettivamente dal quarto e quinto posto al primo e al secondo, e il frontispizio, anche se ripete, spostato in alto e in corpo minore, Vita dei campi, presenta in maggiore evidenza il nuovo titolo Cavalleria Rusticana ed altre novelle di G. Verga. Nella mia copia, che pure reca in fronte la data 1892, sotto il titolo si legge tuttavia: Quinta edizione.

Le ragioni del cambiamento sono ovvie, e tutte commerciali: il notevole successo della riduzione teatrale della novella, andata in scena nel 1884, e quello fenomenale del melodramma di Pietro Mascagni, la cui prima romana risale al 1890. Tuttavia quell'arbitrario e, per quanto riguarda l'autore, quasi certamente involontario nuovo titolo potrebbe, se assunto in tutta la sua pregnanza, prestarsi a una interpretazione secondo me interessante dell'intero progetto verghiano: forse meglio di quanto possa il primo e originale titolo, un po' anodino e meramente illustrativo, ripetuto e rafforzato dall'altro della seconda raccolta, Novelle rusticane. È chiaro che ciò che m'interessa [End Page 106] qui non è tanto investigare ancora una volta quel ch'è stato fatto per altro assai egregiamente da una schiera di critici acuti e brillanti, e cioè le intenzioni letterarie più o meno dichiarate dallo stesso autore, quanto esaminare le risultanze testuali, gli effetti di lettura ricostruibili in un profilo augurabilmente persuasivo. Cercherò di fornire qui una breve analisi della novella eponima, anche se non credo affatto ch'essa costituisca il punto di attacco più favorevole alla dimostrazione: mi sembra tuttavia anche metodologicamente più onesto, mirando in verità all'enucleazione di alcune strutture elementari, secondo me ritrovabili pressocché in tutti i testi (o comunque nei più significativi) della collezione, e, più generalmente, nei due grandi romanzi del 1881 e del 1888-89.

È opportuno cominciare dal titolo: che si presenta oggettivamente come una sorta di ossimoro, che non considero tuttavia ironico, come suggerito da qualche lettore 1 . L'ossimoro, o comunque il paradosso, consiste ovviamente nel nominare nello stesso sintagma la rus, il mondo della campagna, e quella cavalleria normalmente giudicata estranea o inconciliabile con esso, associata semmai con le buone maniere, la civiltà attribuita nel nostro contesto al mondo aristocratico o borghese, alternativo in ogni caso alla rozzezza campagnola. Mi sembra inoltre un errore--e, si vedrà, una grossa limitazione del vero soggetto di cui è questione in questa come nelle altre novelle della collezione--restringere l'interpretazione della cavalleria alla sfera meramente amorosa o sessuale, ovvero relativa alle relazioni tra i sessi. Si sarà anche notato che ho parlato di campagna e non di natura: infatti l'opposizione o distinzione in Verga non sarà qui--come del resto altrove--tra natura e civiltà, ma riguarda sempre e chiaramente mondi diversi, universi culturali distinti e, come si vedrà, inassimilabili: cui l'innesto sarà vietato in virtù precisamente delle identità sistemiche non snaturabili.

La cavalleria evoca ovviamente un codice: delle regole o leggi, o convenzioni, che strutturano appunto un mondo non naturale, dunque una cultura. Si sa che è questa cultura che, a partire dagli anni '80, Verga si fa carico di illustrare, non tanto (o piuttosto che) con fini ideologici o addirittura apologetici, quanto con fini antropologici in primo luogo. Ciò che va inteso--ma va da sé--anche come rivendicazione della (eguale) dignità di questo, come di qualsiasi [End Page 107] altro mondo. È quanto il testo introduttivo di Vita dei campi, "Fantasticheria", si preoccupa di sottolineare, più che nella cauta...

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