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120 VII. La zattera E gli dicea la veneranda moglie: Divo Odisseo, mi sembra oggi quel giorno che ti rividi. Io ti sedea di contro, qui, nel mio seggio. Stanco eri di mare, eri, divo Odisseo, sazio di sangue! Come ora. Muto io ti vedeva al lume del focolare, fissi gli occhi ingiù. Fissi in giù gli occhi, presso la colonna, egli taceva: ché ascoltava il cuore suo che squittiva come cane in sogno. E qualche foglia d’ellera sul ciocco secco crocchiava, e d’uno stizzo il vento uscìa fischiando; ma l’Eroe crocchiare udiva un po’ la zattera compatta, opera sua nell’isola deserta. Su la decimottava alba la zattera egli sentì brusca salire al vento stridulo; e l’uomo su la barca solo era, e sola la barca era sul mare: soli con qualche errante procellaria. E di là donde tralucea già l’alba ora appariva una catena fosca d’aeree nubi, e torbide a prua l’onde picchiavano; ecco e si sventò la vela. E l’uomo allora udì di contro un canto di torte conche, e divinò che dietro quelle il nemico, il truce dio del mare, venìa tornando ai suoi cerulei campi. ...

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