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100 II. L’ala E rispose l’Eroe molto vissuto: Tutto ti narro senza giri il vero. Sono, a voi sconosciuti, uomini, anch’essi mortali sì, ma, come dei, celesti, che non coi piedi, come i lenti bovi, vanno, e con la vicenda dei ginocchi, ma con la spinta delle aeree braccia, come gli uccelli, ed hanno il color d’aria sotto sé, vasto. Io vidi viaggiando sbocciar le stelle fuor del cielo infranto, sotto questi occhi, e il guidator del Carro venir con me fischiando ai buoi lontano, e l’auree rote lievi sbalzar sulla tremola ghiaia della strada azzurra. Né sempre l’ali noi tra cielo e cielo battiamo: spesso noi prendiamo il vento: a mezzo un ringhio acuto, per le froge larghe prendiamo il vano vento folle, che ci conduca, e con la forte mano le briglie io reggo per frenarlo al passo. Ma un dio ce n’odia, come voi la terra odia, che voi sostenta sì, ma spezza. Ch’ha tutto un fine. Or tu fa che un torello dal re mi venga, ed un agnello e un verro; che qui ne onori quell’ignoto iddio. E l’altro ancora rispondea stupito: L’ignoto è grande, e grande più, se dio. Or vieni al re, che raddolcito ha il cuore ...

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