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62 L’etèra O quale, un’alba, Myrrhine si spense, la molto cara, quando ancor si spense stanca l’insonne lampada lasciva, conscia di tutto. Ma v’infuse Evèno ancor rugiada di perenne ulivo; e su la via dei campi in un tempietto, chiuso, di marmo, appese la lucerna che rischiarasse a Myrrhine le notti; in vano: ch’ella alfin dormiva, e sola. Ma lievemente a quel chiarore, ardente nel gran silenzio opaco della strada, volò, con lo stridìo d’una falena, l’anima d’essa: ché vagava in cerca del corpo amato, per vederlo a cora, bianco, perfetto, il suo bel fior di carne, fiore che apriva tutta la corolla tutta la notte, e si chiudea su l’alba avido ed aspro, senza più profumo. Or la falena stridula cercava quel morto fiore, e batté l’ali al lume della lucerna, che sapea gli amori; ma il corpo amato ella non vide, chiuso, coi molti arcani balsami, nell’arca. Né volle andare al suo cammino ancora come le aeree anime, cui tarda prendere il volo, simili all’incenso il cui destino è d’olezzar vanendo. ...

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