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  • La decretale Maiores di Innocenzo III e la competenza del Romano Pontefice ratione fidei
  • Jürgen Jamin

Introduzione

La preminenza della Romana ecclesia presieduta dal suo vescovo, non intesa come preminenza d’onore ma come preminenza di giurisdizione, si attua nella competenza circa le cause di maggior importanza dette semplicemente ‘causae maiores’. Se da una parte i romani pontefici, a partire del IV secolo, ribadiscono detta competenza, dall’altra essi non individuano con chiarezza quali siano queste cause;1 è grazie al contributo di decretisti e decretalisti che vengono pertanto redatti gli elenchi delle cause riservate al giudizio del Romano Pontefice in base alle decisioni concrete prese dai vescovi di Roma. Tutti questi elenchi contengono un riferimento particolare alla competenza del titolare dell’ufficio primaziale di prendere una decisione finale ‘ratione fidei’. [End Page 79]

Enrico da Susa chiamato anche Hostiensis, essendo Cardinale vescovo di Ostia,2 sulla scia di altri canonisti prima di lui, annovera tra gli elenchi da lui stesi detta autorità pontificia con le parole ‘articulos solvit’3 oppure semplicemente [End Page 80] ‘quaestio fidei’4. In seguito Enrico indica più precisamente come intende questa competenza del Pontefice: ‘Rescriptum fidei, dubium quod confert bona plura’.5

Con la scelta di questi termini, l’eminente decretalista duecentesco fa già notare le parole chiave che stanno al centro della questione:

  1. 1. La materia della ‘causa maior’ è un ‘articulus’, cioè una parte integrale della fede già proposta e verbalizzata o ‘articolata’ come tale.6

  2. 2. Al Pontefice compete appunto risolvere o sciogliere un ‘dubium’. Quest’ultimo può avere anche un valore positivo, portando con sé dei vantaggi da non sottovalutare (‘quod confert bona plura’) proprio perché dà all’autorità suprema l’occasione di chiarire in modo inequivocabile, qualora fosse messa in [End Page 81] questione una verità di fede, certi aspetti del ‘depositum fidei’ tramite un responso (‘rescriptum’).

Tra tutte le decretali raccolte nel Liber extra ve n’è una che si riferisce espressamente al discernimento autoritativo ‘super dubio fidei’ chiaramente riferita alla Sede di Pietro: la decretale Maiores di Innocenzo III.7

La decretale Maiores di Innocenzo III

All’inizio dell’autunno del 1201, Innocenzo III inviò una lettera all’arcivescovo Imberto di Arles.8 Il presule della metropoli provenzale, di fronte ai noti movimenti eterodossi del Duecento come i catari (nella Francia meridionale) e gli albigesi, si rivolse al pontefice, richiedendo innanzitutto una risposta pontificia riguardo a diverse questioni annesse al battesimo dei fanciulli negato dagli eretici. Il successore di Pietro accolse la supplica dell’arcivescovo in forma di un ‘rescriptum fidei’, dando cioè un responso dettagliato alle domande sottopostegli.9

Il fatto stesso che vi siano una richiesta da parte del metropolita francese e una risposta da parte del Pontefice conferma una prassi alla quale peraltro Innocenzo III si riferisce sin dall’inizio della sua lettera:10

Maiores ecclesiae causas, praesertim articulos fidei contingentes, ad Petri sedem referendas intelliget qui eum quaerenti Domino, quem [End Page 82] discipuli dicerent ipsum esse, respondisse notabit: ‘Tu es Christus filius Dei vivi’, et pro eo Dominus exorasse, ne deficiat fides eius.

Il giovane Pontefice quindi non soltanto ribadisce la competenza, ormai plurisecolare, della Sede di Pietro circa le ‘causae maiores’ in generale, ma la specifica e la conferma come modo proprio (‘praesertim’) per tutto ciò che concerne la fede (‘articulos fidei’).

Prima di entrare nel merito della decretale è interessante e allo stesso tempo doveroso notare che Lotario dai Conti di Segni appena salito al soglio pontificio coglie diverse occasioni nei primi anni del suo pontificato per rinforzare la posizione del Romano pontefice quale giudice supremo circa tutte le materie dubbie e di maggior importanza. Già il 17 settembre 1198 mandò un responso in una causa matrimoniale all’abate di San Proculo e al canonico Lanfranco di Bologna con cui afferma che ‘ad hoc Deus in apostolica sede constituit totius ecclesiae magistratum, ut . . . ad eam nodi quaestionum difficiles referantur, suo recto iudicio dissolvendi’.11 Pochi mesi dopo (1 maggio 1199), in un’altra causa matrimoniale riguardante il privilegio paolino, affermò in una risposta al vescovo Ugo di Ferrara: 12

Quanto te magis novimus in canonico iure peritum, tanto fraternitatem tuam amplius in Domino commendamus, quod in dubiis questionum articulos ad sedem apostolicam recurris...

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