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  • “Fili d’oro:”Le arti figurative nel Notturno di Gabriele D’Annunzio
  • Andrea Mirabile

I riferimenti alle arti visive, dalla breve allusione al lungo brano ekphrastico, abbondano nel Notturno di Gabriele D’Annunzio. Tale abbondanza, tutt’altro che insolita per il poeta pescarese, è in questo caso piuttosto singolare: se accettiamo ciò che scrive l’io narrante, infatti, gran parte del testo viene composto durante un periodo di semicecità, a Venezia, in seguito ad un grave incidente di guerra.1 L’autore, [End Page 119] in altre parole, non può vedere le opere figurative che descrive o cui allude; egli le ricorda. O le immagina. In entrambi i casi, le ama, con un trasporto che spesso evoca una sensualità di tipo erotico.2

Rovine, sculture, mosaici, miniature, affreschi e, soprattutto, dipinti (di gran fama o pressoché sconosciuti, vecchi di secoli o provenienti dalla contemporaneità, dall’Italia o da paesi vicini e lontani) vengono citati quasi in ognuno dei duecentocinquanta frammenti che compongono il Notturno, tanto che risulta problematico—oltre che ridondante—anche semplicemente elencare tutti gli oggetti d’interesse artistico che appaiono nel testo. Tuttavia ad una lettura più attenta ci si accorge che D’Annunzio, nella maggior parte delle occasioni, si riferisce alle arti visive in tre modi: paragonando se stesso o persone care ad opere d’arte; paragonando opere d’arte a persone care o a se stesso; sognando (o rammentando, o fantasticando su) opere d’arte. In un certo senso, potremmo dire che nel primo caso si passa dall’animato all’inanimato; nel secondo si segue il processo inverso; nel terzo, si confondono i due piani, in una ambigua miscela che, sotto il segno di Pigmalione, infonde i caratteri dell’esistenza biologica a entità puramente materiali o, talvolta, luoghi.

La sovrapposizione fra, o l’identificazione di, un individuo e un’opera d’arte si fa notare fin dall’inizio del Notturno, non foss’altro perché, durante il soggiorno veneziano negli anni della Grande Guerra, il poeta viene ritratto da un’affettuosa amica, la pittrice espatriata statunitense Romaine Brooks (nata Goddard), nota ai lettori di D’Annunzio come Cinerina o Violante, presenza di rilievo—seppur spesso trascurata dagli studiosi—nella vita del poeta (soprattutto negli anni dell’“esilio” dello scrittore in Francia, dal 1910 al 1915, durante il quale la facoltosa artista, oltre ad aiutare materialmente in più occasioni l’amico italiano, ne dipinge un primo ritratto).3 Come scrive [End Page 120] nella sua biografia inedita, No Pleasant Memories, la Brooks giunge nella città lagunare nel pieno del primo conflitto mondiale: “News come that aeroplanes were bombing Venice. I decided to visit it once more before it should be too late” (“Arrivò la notizia che Venezia era colpita da bombardamenti aerei. Decisi di visitarla ancora una volta prima che fosse troppo tardi,” 272). Ciononostante, l’americana trova il tempo per dedicarsi alla propria arte, anche grazie all’aiuto del poeta: “Every morning a gondola would take me to a studio which d’Annunzio had found for me in the Zattere. But I could never give full force to painting that portrait; it advanced too slowly. D’Annunzio was able to pose only at rare intervals when his military duties permitted” (“Ogni mattina una gondola mi portava allo studio che D’Annunzio mi aveva trovato alle Zattere. Ma non riuscivo mai a concentrarmi completamente nel dipingere il suo ritratto; il lavoro avanzava troppo lentamente. D’Annunzio era in grado di posare solo nei rari intervalli dei suoi obblighi militari,” 274). Se si leggono in parallelo le pagine del Notturno dedicate a Brooks-Cinerina (13, 14, 22, 25), e le parti di No Pleasant Memories su D’Annunzio a Venezia (nei capitoli “Venice” e “Portrait of ‘Il Commandante’” [sic]), si rimane colpiti dalla quasi perfetta specularità fra il resoconto di alcuni episodi, ad esempio quello dell’annuncio della morte di Giuseppe Miraglia—commilitone e amico del poeta—durante una delle rare sedute per il ritratto.4 Nonostante tutto, il quadro viene portato a termine, ed è ironico che sia proprio il dipinto l’unico argomento su cui lo scrittore e la pittrice sembrano avere opinioni diverse. La Brooks—almeno a quanto è possibile leggere nell’autobiografia, nella quale l’opera viene descritta...

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