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Povertà e ricchezza : La tematizzazione bonaventuriana di due realtà non inconciliabili Il dibattito su povertà e ricchezza, in quanto concrete condizioni di vita agli antipodi della realtà socio-economica e nella loro inestricabile connessione sociale di reciproco e antagonistico rapporto, ha percorso tutta la storia della civiltà occidentale, e non solo di essa, sollecitando riflessioni e prese di posizione di segno diverso. L’una e l’altra delle due realtà sociali, frutto di situazioni di fatto ereditate o subite, oppure volontariamente e caparbiamente perseguite, sono state oggetto di numerose analisi, segnando profondamente la storia del pensiero nei diversi contesti della vicenda culturale. Un preciso momento e ambiente di tale vicenda è stato caratterizzato e, per così dire, quasi totalmente assorbito da tale dibattito, polarizzando l’attenzione dei più alti esponenti dell’intellettualità di quell’epoca. Il vivacissimo ambiente universitario della Parigi del terzo quarto del secolo XIII fu lo scenario su cui s’incontrarono e si scontrarono i protagonisti di tale vicenda. Motivo scatenante del dibattito erano le ricadute teoriche e pratiche di una radicale e volontaria scelta di povertà, strettamente ancorata alla lettera e allo spirito del messaggio evangelico, promossa qualche decennio prima nel ben più modesto ambiente di Assisi, e ormai strutturata nel sistema di un imponente Ordine religioso; un sistema che, pur fra molti fraintendimenti teorici e pratici, aveva impresso una svolta alla storia delle istituzioni ecclesiastiche, anzi della cultura e della civiltà medievale. Non si trattava di una scoperta nuova: già il secolo precedente, il XII, era stato contrassegnato, all’insegna della povertà evangelica, da prese di posizione fortemente critiche, sul piano della teoria e della prassi, e da proposte di vita radicalmente alternative nei confronti delle modalità interpretative del vivere cristiano consolidate all’interno della chiesa. Si erano  This essay was first presented July 16, 2006, at Saint Bonaventure University when the author was awarded the medal of the Franciscan Institute. 9 Franciscan Studies 65 (2007) 02.Pellegrini1.indd 9 12/5/07 17:27:13 Luigi Pellegrini 10 allora moltiplicati i movimenti di pensiero e le scelte di vita esplicitamente in contrasto - fino all’esplicita e pesante denuncia - con gli enunciati e le modalità di vita e d’intervento, assunti come criterio operativo e teoricamente giustificati dalle diverse componenti alla guida intellettuale e gerarchica della chiesa, che avevano reagito con senso di spregio o addirittura con drastiche condanne. Nel contempo avevano riscontrato un notevole successo alcune iniziative individuali e di gruppo, chiaramente alternative allo stile e modalità di vita sia individuale sia comunitariamente associata, quali erano consuete nella chiesa dell’epoca. Il tema della povertà come fondamentale e ineludibile proposta evangelica era emerso allora in primo piano ed era divenuto oggetto di confronto, a volte aspro fino alla polemica aperta e al contrasto duro ed esplicito, e comunque sempre evidente, anzi rimarcato. Tale il contesto in cui si colloca l’esperienza e la proposta di Francesco d’Assisi e della prima fraternità minoritica, ma con il tacito e, in qualche testo esplicito invito ad evitare i toni della polemica , anzi con la rigorosa delimitazione della proposta evangelico-pauperistica alla testimonianza vissuta , che si configurava come scelta di una precisa collocazione ai margini infimi della gerarchia sociale ed ecclesiastica. Il prodigioso sviluppo numerico della fraternità e l’attrattiva da essa esercitata sui ceti intellettualmente più raffinati e sensibili al richiamo di un rinnovato evangelismo indussero profonde modificazioni nelle modalità organizzative e degli stili di vita dei«fratelli minori» – come Francesco stesso volle che fossero denominati - e nella loro stessa collocazione all’interno della società. Intervennero di conseguenza reinterpretazioni giuridico-pratiche delle rigorose norme formulate nel primo quindicennio della storia della fraternità, a regolamentarne le modalità di vita e a garantirne la coerenza con le scelte radicali originarie di povertà e minorità. Ben presto, e comunque a partire dagli anni Cinquanta del secolo XIII, si aprì un fronte di contestazione teorica che costrinse le più accorte e agguerrite intelligenze dell’Ordine minoritico alla difesa dell’ideale scelta di rinuncia al rapporto economico corrente, anche nella chiesa, con i beni accumulabili o fruibili. La contestazione aveva soprattutto come obiettivo gli accorgimenti giuridici escogitati per salvaguardare la coerenza, almeno teorica, di tale ideale con la sua traduzione nella pratica...

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