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  • Filologia del futuro!l’ecdotica nell’universo digitale
  • Dan Octavian Cepraga
Fiormonte, Domenico. 2003. Scrittura e filologia nell’era digitale. Torino: Bollati Boringhieri.

Zukunftsphilologie! “Filologia del futuro!” tuonava nel 1872 Ulrich von Wilamowitz, attaccando con una violenta recensione l’appena uscita Nascita della tragedia di Nietzsche, in un momento in cui l’accostamento dei due termini (futuro e filologia) poteva ancora suonare quale paradossale e derisorio ossimoro, inteso a liquidare un’opera, come quella di Nietzsche, che rimetteva in discussione l’intera validità, e verità scientifica consacrata, del metodo storico-critico.1 Da tempo, ormai, il binomio non dà più scandalo. Anzi, la filologia viene sospinta in modo sempre più irresistibile verso il futuro, costretta a fare i conti con i rapidi mutamenti mediali ed informatici [End Page 124] indotti dalla rivoluzione digitale, mutamenti che vanno ad incidere sulla natura stessa del Testo e della Scrittura, cioè sull’oggetto e sugli strumenti tradizionali della pratica filologica. Al “futuro della filologia” è in gran parte dedicato il volume di Domenico Fiormonte, che resta, al momento, una delle sintesi migliori e più equilibrate sui rapporti fra l’informatica e i processi di trasmissione della conoscenza, sul nuovo assetto epistemico che ne deriva e, infine, sui nuovi problemi che questo cambio di paradigma epistemologico pone a tutte le scienze del testo, in primo luogo alla filologia, ai suoi metodi e alle ideologie che l’hanno sorretta.2

L’introduzione chiara e pragmatica al fenomeno della testualità digitale è inserita in un orizzonte critico di vasto respiro e di taglio problematico, in un tentativo esplicito di “decelerazione critica sulle nuove tecnologie di rappresentazione, produzione e fruizione del testo” (Fiormonte 2003, 15). Il discorso sulla rivoluzione informatica e sulle sue ripercussioni culturali, che spesso è stato condotto in termini assoluti, di volta in volta terrifici o entusiasti, è qui inquadrato storicamente all’interno di un ampio filone di studi, ben radicato in tutto il Novecento, che ha rivendicato il ruolo centrale delle innovazioni tecnologiche come impulso ai mutamenti culturali, indagando i rapporti fra i sistemi di conoscenze e i supporti che li mediano, nonché la funzione cognitiva degli strumenti di produzione e diffusione di una determinata tradizione culturale. Si tratta di una lunga genealogia critica, che va da Leroi-Gourhan al determinismo tecnologico di Karl Polanyi e di Harold Innis, fino alle grandi tesi di Eric Havelock e di Walter Ong sul passaggio cruciale dall’oralità a una civiltà della scrittura. Il quadro complesso che ne risulta smentisce una volta per tutte le ragioni di un determinismo troppo semplicistico ed entusiasta (o, a seconda, apocalittico), permettendo al contempo di riaffrontare, sotto una luce spesso inedita, alcune questioni di fondo, che riguardano la pratica e i concetti della filologia in quanto critica del testo. Segnaleremo qui di seguito alcune delle proposte più rilevanti.

Il volume contribuisce, innanzi tutto, a dissipare un equivoco di fondo. Si è spesso sostenuto che la rivoluzione digitale, minando alla base i concetti di auctoritas, stabilità della fonte, materialità del supporto, ha mutato [End Page 125] radicalmente non solo i rapporti di forza, ma la natura stessa del nesso che unisce Testo, Autore e Lettore. La nozione tradizionale di testo (e della sua fruizione) sarebbe messa in crisi da principi quali la non-linearità, la libertà di ricombinazione, la fluidità e la velocità del ri-uso e dell’interpretazione, l’apertura processuale illimitata, principi che stanno alla base della teoria ipertestuale, quindi di gran parte dei documenti informatici (cfr. tutto il cap. 4 Il documento digitale: 159–84). In realtà, come ci viene opportunamente ricordato, l’attuale fisionomia dell’universo digitale “non nasce da premesse puramente tecnologiche” (160), non è una fatalità, ma si inquadra all’interno di più vaste dinamiche culturali e sociali, deriva da scelte ben precise, dovute a mutamenti nell’assetto epistemologico maturati in precedenza, all’interno della tradizionale civiltà del libro e della scrittura. Per parte sua, la critica del testo ha contribuito in maniera sostanziale, e ben prima dell’avvento informatico, a rimettere in discussione e a ripensare, a volte radicalmente, alcuni concetti essenziali come quelli di autorialità, testo, tradizione, interpretazione, rappresentazione, mettendo in campo pratiche e saperi che non possono essere disgiunti dalla attuale teoria e fisionomia della testualità digitale.

Fin...

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