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  • Il giorno e la notte. Riflessioni sulla Novella di Svevo
  • Eduardo Saccone

Non parlo qui di te. [...] Che c’entriamo qui io e te?

(La rigenerazione, p. 613) 1

Non sapendo che i sogni si fanno di notte e si completano di giorno

(La novella del buon vecchio e
della bella fanciulla
, p. 449) 2

L’interesse, e la preoccupazione per la morte—è ben noto—sono tema e motivo costante nell’opera di Svevo. La meditazione intorno ad essa, in particolare e non sorprendentemente in concomitanza e in relazione alla malattia e alla vecchiaia (altro nodo o complesso tematico caratteristicamente sveviano), diventa però preponderante nell’ultima attività dello scrittore. Anche i modi di quest’attenzione sono caratteristici, ed esibiscono una costanza rimarchevole. Il nesso vecchiaia/giovinezza, investigato a cominciare dal primo romanzo, Una vita, ed esplorato persino nell’unico tentativo poetico e prima composizione letteraria, di cui ci resti traccia del giovane Svevo, l’ Ariosto governatore, e fin dal titolo del secondo romanzo, Senilità, è ovviamente ben in evidenza anche nella Coscienza di Zeno. È tuttavia nella fase più tarda della scrittura del Nostro che, senza perdere nulla della sua risonanza figurale, esso risulta indagato più assiduamente nelle sue valenze letterali più immediate. [End Page 108]

I testi sono numerosi, includendo almeno i cinque pezzi, o capitoli, del progettato quarto romanzo o continuazione di Zeno (Un contratto, Le confessioni del vegliardo, Umbertino, Il mio ozio, Il vecchione) e poi gli altri sei testi in cui il protagonista sveviano assume identità diverse da quella di Zeno: il Roberto di La madre, il signor Maier di Proditoriamente, l’innominato di Vino generoso, il signor Aghios di Corto viaggio sentimentale, il Giovanni Chierici della commedia La rigenerazione, il vecchio della Novella del buon vecchio e della bella fanciulla. È a quest’ultimo scritto che vorrei dedicare qui qualche riflessione, soffermandomi in primo luogo sul titolo.

Nonostante che Stanislaus Joyce postulasse in uno stimolo del fratello James l’abbozzo da parte di Svevo già intorno agli anni 1907–08 di una “story on an old man and a girl,” 3 sembra abbastanza più probabile attribuire la composizione della novella, quanto meno della stesura in cui la leggiamo, agli anni successivi al 1925: né solo per l’ambientazione triestina negli anni della prima guerra mondiale. Come annuncia inequivocamente, nonostante l’ironia, già il titolo del racconto, la storia, anzi l’”avventura” riguarda un “vecchio” e una “fanciulla”: come in Senilità (dove però almeno il primo termine della relazione era da intendere certo più metaforicamente che letteralmente), e come nell’esperimento, alla fine della Coscienza, cui il quasi sessantenne Zeno si sottopone brevemente con la giovanissima contadinella Teresina, ponendosi suo malgrado—come dirà—nella condizione di “turbare tanta innocenza” per via della “necessità di verificare subito in quale stato si trovasse la sua malattia.” 4

C’è da dire, però, che nel caso presente, della Novella, il rapporto enunciato, se è da intendere alla lettera per quanto riguarda i sostantivi (il vecchio e la fanciulla) e anche il secondo aggettivo, bella, che dichiara immediatamente la natura di questo rapporto—la bellezza costituendo la causa dell’attrazione e della desiderabilità, stabilendo dunque il valore sessuale di uno dei termini della partita—si presenta problematico nel riferimento alla bontà dichiarata dal primo aggettivo, attributo dell’altro soggetto della relazione: la bontà problematica del vecchio senza la quale non ci sarebbe storia, non ci sarebbe “novella”; o per dir meglio non ci sarebbe una novella di Svevo. Una storia degna di essere raccontata dal nostro autore. Come [End Page 109] la storia di Emilio e Angiolina, o quella di Zeno e Carla—che sarebbero altrimenti del tutto normali, banali o prive di interesse—anche questa deriva il suo interesse, e anche la sua drammaticità, da quella che il nostro titolo (e il testo nel suo corpo) chiama la “bontà” del personaggio (anche Zeno, si ricorderà, continuamente s’interroga sulla propria bontà: sono buono o cattivo?), e il titolo del suo romanzo più famoso, più spiegatamente, ma poi ancora sempre enigmaticamente, la “coscienza.”

“Novella,” il nostro titolo dice anche: dunque storia inventata (La novella) che annuncia una novità degna, per qualche ragione, di essere raccontata. È, dei titoli di Svevo, forse quello più letterario, o...

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